La vita sedentaria fa male alla salute, ma è una tendenza comune e perfino contagiosa: conoscere le cause può aiutarci a vincerla
Lo leggiamo sui giornali tutti i giorni: la vita sedentaria è una malattia sociale, molto diffusa e causa di patologie anche gravi. Eppure, il 30% degli italiani ha uno stile di vita completamente sedentario e un ulteriore terzo è attivo solo parzialmente. Perché siamo così propensi ad abbandonarci alla pigrizia, anche in modo sfrenato, e nonostante la consapevolezza che questa cattiva abitudine ci espone a rischi importanti di gravi malattie? Le ragioni sono diverse e molteplici, ma il fatto di esserne consapevoli può aiutarci a schiodarci dal divano, incamminandoci (è proprio il caso di dirlo), sulla strada di una vita più attiva e salutare.
LE STATISTICHE – Secondo i dati Istat 2010 (Indagine multiscopo (Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”), gli italiani di 3 anni e più che praticano sport sono circa 19 milioni e 200mila, pari al 33% della popolazione, con una propensione alla pratica sportiva che tende leggermente ad aumentare. I sedentari invece sono più di 22 milioni (38% della popolazione di 3 anni e più). La propensione all’attività fisica diminuisce con il progredire dell’età ed è particolarmente elevata tra le donne. Secondo il sistema di sorveglianza Passi dedicato al monitoraggio dell’attività fisica degli adulti, solo un terzo degli adulti 18-69enni ha uno stile di vita attivo (32%), cioè si dedica all’esercizio fisico o svolge un’attività lavorativa che richiede movimento; il 37% pratica attività fisica, ma meno dei livelli raccomandati; infine, il 31% è completamente sedentario, in quanto non svolge un lavoro pesante e non fa movimento nel tempo libero. Eppure, secondo l’OMS, l’inattività fisica è il quarto più importante fattore di rischio di mortalità a livello mondiale e causa il 6% di tutti i decessi: è superato soltanto dall’ipertensione sanguigna (13%) e dal consumo di tabacco (9%) e si attesta allo stesso livello di rischio dell’iperglicemia (6%). Circa 3,2 milioni di persone muoiono ogni anno perché non sono abbastanza attive.
PERCHÉ SIAMO COSÌ PIGRI – La selezione naturale spinge atavicamente ogni organismo a creare meccanismo di “risparmio” di energia: questa tendenza nasce da momenti ormai lontani in cui le risorse disponibili erano scarse e incerte e per i nostri pro-pro-genitori era opportuno mantenere il più possibile le forze per le situazioni di reale urgenza. Oggi il progresso ci mette a disposizione nuovi strumenti per liberarci dalla fatica, come mezzi di trasporto comodi, macchine che svolgono le mansioni più faticose al nostro posto e accessi alle risorse alimentari pressoché illimitati. Tutto questo ci ha resi sempre meno inclini alla fatica, che ormai percepiamo come un onere inaccettabile e da evitare il più possibile. Eppure, oltre a questa atavica predisposizione al riposo, nei nostri geni è iscritta anche la capacità di reagire all’immobilità, perché la ricerca di nuove soluzioni o, al limite, la velocità nella fuga hanno a loro volta fatto la differenza nel garantirci la sopravvivenza.
QUANDO CI SI METTE LA MENTE – Insomma, per svolgere l’attività fisica che la nostra salute continua a richiedere dobbiamo metterci impegno e buona volontà. I trenta minuti quotidiani di moto raccomandati dalle autorità sanitarie sono quasi una missione impossibile per numeri crescenti di persone. Anche in questo caso, possono essere molte le ragioni che ci inchiodano al divano, e non sempre ne siamo consapevoli.
- Depressione – La pigrizia invincibile è uno dei sintomi più diffusi tra i pazienti affetti da depressione, soprattutto se è associata a mancanza di motivazione, incapacità di provare piacere e stanchezza fisica o mentale. Si tratta comunque di casi patologici, che tocca a uno specialista diagnosticare e curare.
- Senso di frustrazione – La mancanza di gratificazione nelle nostre attività può spingere all’inattività o almeno alla procrastinazione, ossia a rinviare continuamente il momento in cui cominciare a impegnarsi.
- Paura di fallire – Ci abbandoniamo all’inerzia quando non ci sentiamo incapaci di affrontare la frustrazione per non essere riusciti a raggiungere i nostri obiettivi. È una situazione molto frequente nei soggetti con bassa autostima, i quali si rifugiano nell’ozio e ne trovano rassicurazione: in fondo è meglio accontentarsi di una situazione soddisfacente solo in parte piuttosto che affrontare il rischio di un fallimento.
- Paura del successo - È l’altro aspetto della situazione descritta sopra: il fatto di ottenere quello a cui ambivamo ci espone ai rischi di nuove responsabilità che non siamo certi di saper gestire.
COME REAGIRE – Se le radici della pigrizia sono profonde e hanno come conseguenza importati problemi di salute, può essere necessario (o almeno utile) il supporto di un medico. In tutti gli altri casi, il ragionamento e una corretta informazione dovrebbero essere sufficienti. Proponiamoci obiettivi ragionevoli, alzando gradualmente l’asticella allenandoci a vincere l’inerzia, e circondandoci di persone attive: la tendenza a non fare nulla, purtroppo, è un male contagioso.