Spesso pare “non essere la nostra” e non ci piace: perché succede e come fare per migliorarla
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Riascoltare il suono della propria voce, registrata in un vocale su WhatsApp, in un podcast o in occasione di una call, è un’esperienza che ci coglie di sorpresa: di solito ci sembra estranea e sgradevole, tanto da farci pensare: “ma davvero è la mia?”. Questo senso di estraneità e perfino di fastidio ha cause ben precise: non dipende solo dall’abitudine, ma dal modo in cui percepiamo i suoni e, naturalmente, in parte anche dalle caratteristiche del nostro timbro, che però può essere migliorato.
Ascoltare la nostra voce “dall’esterno”, come la sentono gli altri, era fino a qualche tempo fa un’esperienza riservata a certi professionisti, come gli annunciatori radiofonici e televisivi, gli attori o i cantanti. Negli ultimi anni, è diventata invece un’esperienza abbastanza comune, grazie ai messaggi vocali, ai video che si pubblicano sui social o alle video chiamate. L’esperienza di solito è sorprendente: possibile che la nostra voce sia davvero così acuta, o rauca o stridula? E soprattutto: come è possibile che non ce ne siamo mai accorti? La ragione è legata al modo in cui si diffondono i suoni nell’aria o per mezzo di un corpo solido: le voci degli altri e tutti i suoni che ci raggiungono dall’esterno, ci arrivano esclusivamente attraverso l’aria, mentre la nostra ci arriva, per così dire, dall’interno, ovvero attraverso l’aria e nello stesso tempo, attraverso le ossa del cranio, che fungono da cassa di risonanza, e altri tessuti, dalle corde vocali e dalla laringe fino alla coclea, l’organo sensitivo dell’orecchio. L’aria o i mezzi solidi hanno un effetto sulla frequenza delle onde sonore e quindi sul timbro: i corpi solidi tendono ad amplificare le frequenze più gravi: per questo motivo la nostra voce, percepita solo dall’esterno come accade quando è registrata, ci sembrerà più acuta. Nella registrazione, a tutto questo si aggiunge la distorsione, per quanto minima, prodotta dal microfono, che contribuisce ad aumentare la sensazione di estraneità. Il fatto poi di non essere abituati a riascoltarci “dall’esterno” è un altro fattore che ci fa sembrare il suo suono ancora più strano.
Di solito, la nostra voce ascoltata dall’esterno, come la sentono gli altri, non ci sembra solo bizzarra ed estranea, ma per lo più non ci piace: non si tratta solo di qualità oggettive del nostro timbro personale, dato che l’esperienza coinvolge anche molti professionisti, tra cui attori e cantanti affermati, la cui qualità vocali sono apprezzate da tutti. Scoprire che gli altri, ascoltandoci, non sentono quello che sentiamo noi crea disagio perché la voce è una componente importante dell’identità: la discrepanza tra il nostro modo di "sentire noi stessi" e la consapevolezza che non coincide con quello altrui, crea un disagio anche molto profondo. Dato che una parte del problema ha radici psicologiche, la prima soluzione per ovviare al problema è abituarci a questo suono, così inconsueto. Analizzando poi le caratteristiche del nostro timbro e del nostro modo di parlare possiamo fare molto per migliorare: non a caso nei corsi di canto, di recitazione e dizione viene suggerito agli allievi di registrare i propri esercizi e riascoltarsi spesso: in questo modo è possibile riconoscere gli errori che l’insegnante ha individuato dall’esterno e procedere a utilissime auto-correzioni. Infine, occorre dire che spesso siamo i critici più severi di noi stessi. Uno studio britannico, condotto nel 2005, chiese ad alcuni pazienti con problemi vocali di esprimere un giudizio riguardo alle loro voci registrate, giudicate poi anche dai loro medici curanti. Confrontando i giudizi è emerso che i pazienti erano tendenzialmente molto più negativi riguardo alla qualità della propria voce registrata rispetti ai terapeuti, i quali si esprimevano con oggettività e tenendo in conto i miglioramenti avvenuti durante il percorso di cura.
Anche se non abbiamo necessità di usare la voce per professione, possiamo comunque fare qualcosa per migliorarne il timbro o per correggere qualcuna delle caratteristiche che proprio non ci piacciono. Se ci sembra eccessivo iscriverci a un corso di dizione o di logopedia, ci sono alcuni accorgimenti fai-da-te che possiamo mettere in pratica senza difficoltà.
-Prendiamo confidenza con il suono della voce – Non perdiamo occasione per registrare un breve audio e riascoltarlo: abituarci all’ascolto è il primo passo.
- Impariamo a respirare – Non c’è nulla di peggio di una respirazione compulsiva, utilizzando solo la parte alta del torace: per produrre una voce morbida e ben timbrata, occorre respirare con il diaframma e creare una colonna d’aria che dall’addome arriva fino alla laringe. La nostra voce avrà così un timbro “di petto”, molto più gradevole di quello di gola o di naso. Il fatto di respirare profondamente, inoltre, ci aiuta a controllare l’ansia che può coglierci, ad esempio, nel parlare in pubblico.
- L’importanza dell’articolazione delle parole – Parlare troppo in fretta, tenendo la bocca stretta e le guance contratte, fa produrre suoni più acuti e dagli armonici sgradevoli. Impariamo quindi ad articolare con calma le parole, aprendo la bocca in modo adeguato, facendo risuonare le vocali e articolando le consonanti con chiarezza.
- Impariamo ad amare la nostra voce – A parte pochi casi, per i quali possiamo chiedere l’aiuto di un professionista, la voce è un tratto di noi stessi che dobbiamo imparare ad amare così com’è. È la nostra impronta sonora, è unica e ci caratterizza per quello che siamo. Curarla e migliorarla è importante per aumentare la nostra autostima, ma in fondo è uno dei tratti di noi stessi che ci rendono unici ed è perfetta e preziosa in se stessa.