Pensieri negativi, convinzione che il futuro non riservi nulla di buono, l'impossibilità di essere felici: questa è l’attitudine di chi ne soffre
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La Sindrome di Cassandra è una patologia che porta a formulare in maniera costante e sistematica pensieri negativi sul proprio futuro o su quello degli altri. “Non ce la farò mai”, “andrà tutto male” sono alcune delle frasi tipiche di chi ne soffre: pregiudizi di genere, discriminazioni, sopraffazioni e rapporti di potere inconsci possono portare le donne a interiorizzare questi atteggiamenti innescando un atteggiamento di rassegnazione rispetto al proprio ruolo nella società.
COS’È LA SINDROME DI CASSANDRA: una profezia che si autoavvera è quella della Sindrome di Cassandra. Interiorizzare quello che la società impone è una condizione comune a molte donne che, in seguito a micro aggressioni quotidiane e dinamiche di sopraffazione, tra l'altro spesso inconsapevoli, manifestano una rassegnazione circa il proprio ruolo di genere e identità sociale. Una condizione non diagnosticata a livello medico, che colpisce soprattutto le donne, ma non soltanto.
LA STORIA CHE DERIVA DALLA MITOLOGIA GRECA: nell’Iliade di Omero si narra che Apollo, dio della profezia, per conquistare la bella Cassandra, figlia del re di Troia, le fece il dono della “Profezia”. Cassandra negò di soddisfare i desideri di Apollo, che si vendicò trasformando il dono in un flagello: da quel momento tutte le predizioni che lei avrebbe fatto, seppur vere, non sarebbero mai più state credute. Così come Cassandra, chi si riconosce nella sindrome tende a non essere preso in considerazione, soprattutto rispetto a previsioni negative sul futuro. Depressione, bassa autostima, senso di inadeguatezza e ricerca dell'approvazione l'esterna sono quindi alcune delle caratteristiche principali del complesso di Cassandra, che portano ad adottare un atteggiamento rinunciatario, arrendendosi passivamente al proprio destino.
CINQUE SITUAZIONI CHE PORTANO LE DONNE A SVALUTARSI: tra i pregiudizi e i rapporti di potere che alimentano il divario di genere, ecco quelli identificati da Serenis, centro medico di psicoterapia online che, attraverso il contributo del suo direttore clinico Federico Russo, che ha individuato alcuni esempi di situazioni reali che possono portare le persone a svalutarsi e che sottolinea come per invertire la rotta "sia importante evitare di banalizzare il fenomeno come non degno di vera indignazione, ma anche prestare attenzione per imparare a cadere sempre meno nella trappola dei classici pregiudizi che non fanno altro che alimentare ancora di più il divario di genere".
1 - MANSPREAD: è una violazione dello spazio personale e la tendenza - solitamente maschile - di occupare irrispettosamente lo spazio personale altrui. Ci si può trovare sedute sui mezzi pubblici e avere accanto un uomo che, seduto a gambe larghe, invade quello che sarebbe un posto disponibile. Questo comportamento viene spesso tollerato perché non ci si sente autorizzate a rivendicare i propri spazi, o a fare una richiesta che tuteli i nostri interessi per il timore che venga scambiato per un comportamento scontroso e aggressivo. Un atteggiamento che induce a pensare come le donne sembrino accettare di rimanere relegate in un angolo e come accettino passivamente un atteggiamento che in realtà non condividono.
2 - MANSPLAILING: si tratta di un atteggiamento tipico di quegli uomini che screditano l’argomentazione dell’altra persona, pur non aggiungendo contenuto significativo. Può capitare, per esempio, che durante una conversazione una donna venga interrotta e che le venga spiegato quello di cui si stava già parlando. Ci sono alte probabilità che, a questo punto, una donna lasci spazio all'altra persona, di solito un uomo, e accetti di farsi spiegare ciò che già sapeva, forse anche meglio. O può accadere che le vengano ribaditi dei concetti o date spiegazioni di cose delle quali era già perfettamente consapevole di tutto, come dando per scontato che le manchi un pezzo. Questo comportamento rafforza la disuguaglianza di genere, perché quando un uomo spiega un argomento a una donna in modo paternalistico o condiscendente, rinvigorisce gli stereotipi di genere che si basano sulla presunta minore conoscenza e capacità intellettuale.
3 - MANTERRUPTING: è una dinamica ordinaria come la conversazione riflette in realtà il potere sociale e l'asimmetria tra due interlocutori. Si sa, per esempio, che nell'interazione a due il partner più forte è quello che interrompe con più probabilità il discorso, proprio perché abituato a essere colui che si impone. Questa dinamica si riscontra spesso nei contesti lavorativi dominati dagli uomini, come le aule dei consigli di amministrazione, dei tribunali e dei parlamenti. Quando invece a interrompere sono le donne, spesso vengono viste come meno piacevoli, diseducate, più dominanti e più aggressive. Un tale doppio standard mette in luce ancora una volta l'evidente pregiudizio della società, che considera gli uomini come più autorizzati a imporsi rispetto alle donne.
4 - GENDER GAP LAVORATIVO: le donne fanno più fatica a trovare lavoro rispetto ai loro colleghi uomini e guadagnano in media il 20% in meno. Il gender gap a livello lavorativo, però, non si manifesta solo della differenza salariale: esistono atteggiamenti nascosti e pregiudizi inconsci che possono venire a galla alimentando ulteriormente questo divario. Ad esempio, è più probabile che in un contesto lavorativo una donna venga scambiata per stagista rispetto a un uomo, quando magari si tratta dell’opposto. Questo perché ancora oggi una donna ha meno credibilità nella sua professione, specie in quelle storicamente associate ai maschi, e domina il pregiudizio inconscio per cui gli uomini sono naturalmente leader o più adatti a ruoli dirigenziali, rivelando esempi di maschilismo interiorizzato.
5 - INVALIDAZIONI E LUOGHI COMUNI: un esempio concreto vissuto da qualsiasi donna è l’invalidazione da ciclo. Quando si litiga in una coppia e la discussione è accesa capita di alzare il tono della voce per cercare di farsi valere. Il partner, per porre fine alla conversazione, tende ad attribuire la colpa del comportamento intrattabile agli ormoni e al ciclo mestruale, anche per la mala informazione che si ha intorno al tema. Ciò che viene vissuto dalla donna in questa situazione è una scarsa considerazione dei propri bisogni e delle proprie ragioni, con richieste e opinioni che vengono banalizzate e ridotte a un “corto circuito” dovuto agli ormoni.