Alluvioni, siccità, temperature record ma anche esempi di chi non si arrende alle cattive notizie
di Sara Del Dot© Getty
E siamo arrivati alla fine di quello che appena poche settimane fa è stato indicato dal servizio per il cambiamento climatico di Copernicus come l’anno potenzialmente più caldo di sempre.
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Un anno segnato, ferito da numerosi eventi climatici estremi che hanno colpito varie parti del mondo, solo in Italia oltre 2mila, ma anche Afghanistan tra terremoti e inondazioni, Stati Uniti, Bosnia, Germania, Valencia a un passo da noi in cui in poche ora è caduta l’acqua che di solito cade in un anno intero, l’Emilia-Romagna ancora e ancora, ma anche la siccità che ha colpito varie zone del sud Italia come Puglia e Basilicata rimaste senz’acqua. Ma anche un anno che ha visto nei primi sei mesi le energie rinnovabili superare le fonti fossili nella produzione di energia e un progressivo abbandono del carbone, anche se ora toccherebbe già al gas.
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Sollevando la necessità, l’urgenza di mettere in campo misure di adattamento efficienti ma anche di mitigazione su larga scala, il 2024 è stato registrato come il primo anno solare con temperatura superficiale media globale al di sopra del grado e mezzo rispetto al periodo preindustriale, con un’estate europea caratterizzata da un mare definito bollente seguita da un novembre classificato come il secondo più caldo a livello globale.
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A novembre si è tenuta la 29° Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, la COP29, che ha avuto un esito ritenuto da tutti insoddisfacente, con un aumento degli aiuti ai paesi in via di sviluppo per affrontare la crisi climatica da 100 a 300 miliardi l’anno nel 2035 a fronte dei 1300 miliardi l’anno auspicati.
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Unica consolazione, la regolamentazione del mercato di crediti di carbonio, sancito dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, documento cardine della lotta ai cambiamenti climatici da cui una delle grandi potenze mondiali, gli Stati Uniti, scivolerà presto via dopo la rielezione di Donald Trump a Presidente. Una delle tante mosse che il Tycoon ha promesso di fare riguardo una crisi ambientale che decisamente non si trova al top delle sue priorità.
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E poi ancora la COP16 sulla biodiversità in Colombia, conclusa con propositi ambiziosi da realizzare al più presto, il vertice a Busan, Corea del Sud in cui non è stato trovato un accordo per limitare l’inquinamento da plastica e quella sulla siccità a Riyadh, passata in sordina e conclusasi senza accordo su finanziamenti per adattamento e sostegno ai paesi vulnerabili. "Le parti hanno bisogno di più tempo per mettersi d'accordo sul modo migliore di procedere", ha detto il segretario esecutivo della COP. Anche se di tempo sembra non essercene molto.
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Eppure, lo sappiamo, è necessario l’impegno di tutti, nessuno escluso, per riuscire a mantenere l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura globale entro il grado e mezzo. Per la precisione, secondo il rapporto Emissions Gap dell’UNEP uscito ad ottobre servirebbe una riduzione del 42% delle emissioni entro il 2030 e del 57% entro il 2035. Obiettivi che dovrebbero essere sanciti a inizio anno, nella revisione delle NDC, Contributi Determinati a livello Nazionale, gli impegni di ogni paese per ridurre le proprie emissioni.
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È stato un anno di record, che rappresentano oggi la nostra quotidianità e proprio per questo, in un mondo consumato da conflitti e instabilità, adattarsi e al tempo stesso mitigare questi effetti è fondamentale, così come non arrendersi alle cattive notizie. Lo hanno fatto le anziane per il clima nel portare avanti la loro causa storica a tutela del futuro, gli aborigeni Australiani che hanno ottenuto un divieto di estrazione dell’uranio in un’area protetta, come le diverse comunità locali che portano avanti dal basso esempi di adattamento in armonia con i contesti che abitano.