Un prodotto unico che nasce da un territorio unico, ricco di biodiversità e tutelato dagli stessi allevatori
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Dalla Pianura Padana, alle colline della zona pedemontana, dalla catena montuosa degli Appennini alla chiusa dei fiumi Po e Reno. Lo scrigno segnato dalle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a sinistra del Reno e Mantova a destra del Po, custodisce un gioiello unico: il Parmigiano Reggiano.
È un formaggio davvero unico questo. Nasce da un territorio ricco di biodiversità e ha sfumature diverse a seconda degli ambienti di produzione e dal suo grado di affinamento.
Come ci ha spiegato Lorenzo Ferrari, del Caseificio Il Battistero – Varano Melegari: “Attraverso le stagionature si trovano modifiche dei profumi, dei sapori. A 12 mesi è come bere un bicchiere di latte, poi ci sono le grandi modifiche che avvengono tra i 24 e i 30 mesi, dove già i primi sapori iniziano a sentirsi in maniera marcata. L’amplificazione totale dei profumi, dei sapori avviene dopo i 50 mesi”.
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Dal 2013, con un preciso regolamento della Unione Europea, è stata introdotta una versione certificata di Parmigiano Reggiano prodotta in montagna, con un marchio specifico dedicato. Le caratteristiche che deve avere sono inequivocabili:
Ci spiega Lorenzo Ferrari: “Il latte deve essere prodotto interamente in montagna. Questo latte deve essere prodotto per il 60% con prodotti coltivati in montagna. Deve essere prodotto in montagna il formaggio, deve essere stagionato in montagna almeno per i primi dodici mesi”.
Ha aggiunto Rodolfo Garofani del Caseificio 993 di Cavola: “Ha delle caratteristiche differenti da quello di pianura, perché il Parmigiano Reggiano di montagna è fatto esclusivamente sui 700 metri e ha delle lavorazioni diverse”.
I pendii della montagna le difficoltà del trasporto e i costi maggiori dell'energia. Non è mica facile produrre un formaggio così. Senza considerare che gli allevatori sono anche custodi della montagna, minacciata dagli effetti dei cambiamenti climatici e non solo.
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Ci ha raccontato Rodolfo Garofani: “Abbiamo delle pendenze in cui noi non possiamo irrigare. Abbiamo quindi meno prodotto e ci costringe a fare delle lavorazioni diverse”. E Lorenzo Ferrari: “La grande differenza la fanno i pascoli in alta quota, dove facciamo fatica ad andare a raccogliere, ma andiamo a raccogliere ancora pascoli trentennali. Per cui abbiamo ancora fiori, erbe spontanee che portano dei profumi marcanti nel latte. Il nostro lavoro di allevatori e agricoltori in montagna è fondamentale per preservare il territorio. Riusciamo a manutenere e gestire i canali di scolo e altro proprio per mitigare quelli che sono poi i flussi dell’acqua a valle”.
Caseifici e pascoli inoltre sono circondati da tante meraviglie. Borghi, castelli e bellezze naturali. Visitare i luoghi di produzione così diventa un'idea di turismo intelligente. Dalla pianura padana alle catene montuose degli appennini: le strade del Parmigiano Reggiano sono infinite e virtuose. L’allevamento delle vacche da latte e l’attività dei caseifici in montagna hanno rallentato la tendenza allo spopolamento di zone rurali lontane dalla città.
Con oltre 110 caseifici e 1200 allevatori il Parmigiano Reggiano è il più importante prodotto Dop ottenuto in altitudine. Numeri che certificano l'impegno per uno sviluppo sostenibile in montagna e per mantenere una tradizione gastronomica unica.