Sono identiche alle classiche tegole ma nascondono al loro interno un modulo fotovoltaico
di Redazione E-Planet© Sito ufficiale
Oggigiorno anche il mondo dell’edilizia guarda ad un futuro sempre più sostenibile. Portare l’energia solare ovunque, anche negli edifici dei centri storici senza modificarne l’impatto visivo: è l’obiettivo di Dyaqua, azienda italiana con sede a Vicenza che punta a rivoluzionare il mondo del fotovoltaico così come lo conosciamo.
L’innovativa tecnologia sviluppata dall’azienda si chiama Invisible Solar. Non un semplice modulo fotovoltaico, ma un vero e proprio elemento architettonico. All’esterno ha tutto l’aspetto di un classico coppo in terracotta, tipico degli edifici storici del nostro Paese. All’interno, invece, nasconde una cella capace di catturare l’energia solare.
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Ma come funzionano queste speciali tegole? Ogni modulo è formato da un composto polimerico atossico e riciclabile, lavorato per incentivare l’assorbimento dei fotoni. All’interno del modulo sono incorporate delle normali celle di silicio monocristallino. La superficie, opaca alla vista e trasparente per i raggi solari, permette alla luce di entrare ed alimentare le celle. Infine, un corpo ad alta resistenza protegge le celle fotovoltaiche, nascondendole. In questo modo viene prodotta energia pulita e, come aggiunto fa Dyaqua, viene perfino purificata l’aria dallo smog: la luce catturata dai coppi attiva un processo che purifica l’aria mentre pulisce la superficie della tegola. Tra l’altro, i moduli non si limitano ai tetti, ma possono essere utilizzati anche per le pareti e le pavimentazioni esterne.
Tutto questo rispettando l’estetica degli edifici storici, facendo il lavoro di un pannello solare ma senza intaccare il valore architettonico e culturale. Invisible Solar può infatti assumere l’aspetto dei principali materiali usati per le coperture dei palazzi e permette di sfruttare l’energia solare senza dover aggiungere strutture che possano deturpare il paesaggio.
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La rivoluzionaria tecnologia è stata anche menzionata dal Ministero dei Beni Culturali nel 2015 come soluzione per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale. Un modo per salvare il passato portandolo in modo green nel futuro.