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Nella lotta all’inquinamento da plastica la carta gioca un ruolo fondamentale. Biodegradabile, compostabile, riciclabile. Può sostituire l’usa e getta ed essere reimmessa nei processi produttivi fino a sette volte. Riducendo drasticamente le emissioni di CO2. L’Unione Europea non ha avuto molti dubbi per sceglierla come alternativa principale al monouso. Ma se nemmeno lei fosse così sostenibile? Questo dubbio nasce da un recente studio dell’Università di Anversa. L’ateneo belga, infatti, avverte: la carta presente sui nostri scaffali può contenere elementi altrettanto pericolosi. Sia per l’ambiente che per la salute dell’uomo.
Si chiamano PFAS e sono sostanze chimiche impercettibili all’occhio umano. Vengono considerate utili in numerosi processi industriali per le loro caratteristiche. Ma sono anche estremamente tossiche e difficili da smaltire. Ecco perché sono conosciute con il nome di "forever chemical", o veleno invisibile. Per il loro massiccio utilizzo, si trovano praticamente dappertutto. Nelle pentole, nelle protesi mediche, nei prodotti antincendio e appunto: nella carta. Tornando alla ricerca, l’equipe di Anversa ha analizzato 39 brand di cannucce di cinque diversi materiali. Risultato? Solo quelle di acciaio non contenevano tracce della sostanza incriminata. Mentre quelle fatte di carta e bambù ne avevano addirittura la concentrazione maggiore. Una doccia fredda per chi vede in questi materiali il futuro della sostenibilità. Le sostanze definite con l’acronimo PFAS sono più di 4000. E gli esperti sono preoccupati per il loro ingresso nella catena alimentare. Come possono arrivarci? Semplice. Penetrando nel circuito dell’acqua potabile, tramite gli scarichi industriali. Nessuno ha ancora parlato di emergenza, ma il problema c’è eccome.
I recenti rilievi di Greenpeace Italia, ne danno conferma proprio nel nostro Paese. Maggio 2023. L’organizzazione ambientalista avvia un’analisi sulle acque di 10 comuni della Lombardia. Su 31 campioni prelevati e analizzati da un laboratorio indipendente, il 35% è risultato contaminato. E L’acqua analizzata proveniva da fontane pubbliche, spesso vicine al parco giochi e alle scuole. Quindi ai bambini. I Pfas raggiungono l’atmosfera e danneggiano l’Ozono. Ma sull’uomo gli effetti sono ancora da approfondire. Le sperimentazioni parlano di un aumento dei livelli del colesterolo. Altri studi hanno dimostrato alterazioni nel fegato e nella tiroide, senza dimenticare il rischio cancro e i danni al sistema riproduttivo. L’industria ha sottovalutato i rischi per decenni, ora bisognerà trovare presto un’alternativa.