Se da una parte i vantaggi di queste tecnologie sono evidenti, spesso anche nell'aiutare a ottimizzare le risorse, dall'altra servirebbe tenere in considerazione anche la loro impronta carbonica
di Dario Donato© Pexels
Mentre l'intelligenza artificiale si impone positivamente nei più diversi aspetti della nostra vita, del lavoro e del tempo libero, esistono zone d'ombra che meriterebbero un dibattito più approfondito. Una di queste è l'impronta carbonica di queste nuove tecnologie, tradotto: l'inquinamento prodotto, l'energia assorbita e l'acqua consumata per raffreddare i server e i processori. Ad oggi non esistono molti dati ufficiali relativi ai consumi affrontati per addestrare e fare girare i nuovi modelli linguistici, quei programmi basati su algoritmi in grado di generare testi complessi rispondendo alle domande degli utenti. Per rispondere ad ogni genere di domanda questi programmi devono studiare e deglutire miliardi e miliardi di informazioni. Un processo dispendioso che pochi grandi gruppi al mondo hanno risorse per affrontare.
Un'idea arriva dai bilanci di sostenibilità o impatto ambientale che i grandi colossi tech si sono impegnati a pubblicare. Nel suo ultimo rapporto Google evidenzia che l'azienda ha consumato 5,6 miliardi di litri d'acqua nel 2022, con un aumento di 1,3 miliardi rispetto al 2021 e di 2,2 miliardi rispetto al 2020. L'utilizzo nel 2022 equivale a circa 10 giorni di fornitura per l’intera città di Londra. Microsoft ha consumato quasi 1,7 miliardi di litri d’acqua dalle sue attività nel 2022, con un aumento di circa il 34% rispetto al 2021, ha scritto la società nel suo ultimo rapporto sulla sostenibilità.
Una ricerca condotta dall'Università della California in aprile ha scoperto che solo l'addestramento di GPT-3, il modello linguistico utilizzato per alimentare ChatGPT di OpenAI, ha consumato 700.000 litri di acqua dolce pulita. La versione 4, addestrata su 560 volte più parametri e già in uso, potrebbe aver avuto un impatto di molto superiore. ChatGPT, sottolineano i ricercatori, ha bisogno di 'bere' una bottiglia d'acqua da mezzo litro per una semplice conversazione di circa 20-50 domande e risposte.
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Amazon, Microsoft, Google e Meta hanno più che raddoppiato il loro consumo energetico combinato tra il 2017 e il 2021, arrivando a circa 72 terawattora (TWh) nel 2021, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA). La somma equivale a circa un quarto di tutta l’energia utilizzata dal Regno Unito nel 2022. Secondo una ricerca del 2020 della Lancaster University, il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) emette tra il 2% e il 4% di tutte le emissioni di carbonio prodotte ogni anno.
Se da una parte i vantaggi di queste tecnologie sono evidenti, spesso anche nell'aiutare a ottimizzare le risorse, pure quelle energetiche, dall'altra servirebbe tenere in considerazione la loro impronta carbonica. Rendere trasparenti e accessibili i dati potrebbe essere già un primo passo.