L’ultimo rapporto dell’Ispra premia il nostro Paese, che ha dei tassi di crescita tra i più alti d’Europa per quanto riguarda l’energia rinnovabile
di Dario Donato© Unsplash
In un paese afflitto da disfattismo cronico non può che essere accolto con ottimismo e forse sorpresa l’ultimo rapporto 2023 dell’Ispra sulle rinnovabili nel nostro paese. L’Italia registra infatti tassi di crescita tra i più elevati in Europa.
Nel dettaglio dello studio che analizza il mercato energetico del Vecchio Continente nel periodo 2005-2021 la quota nazionale di energia rinnovabile rispetto al consumo interno lordo si è attestata nel 2021 al 19,4%, mentre la media europea è pari a 17,7%. Una voce che ci vede secondi solo alla Svezia. Il consumo di energia per unità di Prodotto interno lordo si è ridotto del 16% dal 2005 al 2021, mentre le emissioni di gas serra sempre per unità di PIL si sono ridotte del 27,2%. Contestualmente sono diminuite le emissioni di gas serra per unità di energia consumata in tutti i principali settori produttivi: da un -6,6% per l’agricoltura a -14,1% per l’industria.
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Nel 2005 la quota di energia elettrica da fonti rinnovabili rispetto alla produzione totale rappresentava solo il 16% della produzione nazionale. Dopo il 2007, la quota è aumentata significativamente fino alla fine del 2014, quando ha raggiunto il 43,1%. Nel 2021 la quota rinnovabile nella produzione di energia elettrica è pari al 40,2%, mentre le stime preliminari mostrano una brusca contrazione nel 2022, principalmente a causa della forte riduzione della produzione idroelettrica cui è strettamente legato il problema della siccità.
Le aree dove un miglioramento è necessario per rispondere agli obiettivi climatici globali sono le emissioni di gas serra nazionali, per unità di consumo interno lordo di energia, che risultano essere più elevate della media europea (2,72 tonnellate di CO2 contro 2,45 dei Paesi Ue, molti dei quali però possono contare su una non trascurabile quota di energia nucleare ancora presente). Ma nel periodo 1995-2021, la crescita delle emissioni è stata generalmente più lenta rispetto a quella dell’economia. A giocare un ruolo fondamentale, sostiene Ispra, è stata la sostituzione di combustibili a più alto contenuto di CO2, avvenuta principalmente nel settore della produzione di energia elettrica e nell’industria.
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Gli indicatori di decarbonizzazione e di intensità energetica per settore mostrano che soprattutto settori come il residenziale, i servizi e i trasporti hanno ampi margini di miglioramento, rispetto alle prestazioni registrate nei principali paesi europei. Nel dettaglio i trasporti hanno iniziato a inquinare meno solo a partire dal 2007 con un calo a picco nell’anno del covid. Ma le emissioni del 2021 sono comunque inferiori del 19,5% rispetto al 2005. Il settore civile è quello da vigilare con più attenzione: aumenta le emissioni dal 1990 (+9%), con una differenza significativa tra residenziale e servizi, mentre il primo settore riduce le emissioni del 12%, il secondo le aumenta del 108,6%.
Ultimi dati per capire meglio un futuro che post guerra in Ucraina già sappiamo dovrà bypassare se possibile il gas: Per quanto riguarda l'energia rinnovabile, nel 2000 si è registrato un aumento significativo della capacità installata. Nel 2021 la potenza efficiente lorda rinnovabile era di 58 GW. Il più alto tasso di crescita annuo è stato registrato nel 2011 quando la nuova potenza rispetto all'anno precedente è stata di 11,3 GW, di cui 9,5 GW di impianti fotovoltaici e 1,1 GW di impianti eolici. Dopo il 2014 la nuova potenza aggiuntiva è stata di circa 1 GW all'anno. Si può e si deve fare di più.