Secondo uno studio olandese, la trasformazione avvenne quando la chiusura del collegamento con l'Atlantico fece diminuire il livello dell'acqua e fece depositare una grande quantità di sale
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Il Mediterraneo non è sempre stato un mare semichiuso: sei milioni di anni fa divenne un oceano di sale. In che modo? I movimenti della crosta terrestre lo trasformarono in un bacino chiuso, limitando lo scambio d'acqua con l'oceano e favorendo il processo di evaporazione dell'acqua. A ricostruire questo processo, sulla rivista Nature, è una nuova ricerca internazionale guidata dall'Università olandese di Utrecht alla quale l'Italia ha partecipato con l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).
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La trasformazione del Mediterraneo in un "gigante di sale" è avvenuta durante la cosiddetta "crisi Messiniana", quando la chiusura progressiva del collegamento con l'oceano Atlantico, "ha portato a una diminuzione significativa del livello dell'acqua nel Mediterraneo -spiega Fabio Florindo, ricercatore dell'Ingv - e alla deposizione di oltre un milione di chilometri cubi di sale", sotto forma di depositi di gesso e salgemma.
Quel processo ha modificato drasticamente la composizione chimica degli oceani, con un aumento del pH oceanico, una diminuzione della pressione parziale dell'anidride carbonica atmosferica e un raffreddamento globale. La conclusione di quel periodo di isolamento del bacino del Mediterraneo è avvenuta circa 5.3 milioni di anni fa, con un'imponente inondazione dall'Atlantico nota come "evento Zancleano", che ha sostituito il mare al "gigante di sale".
Lo studio, osservano i ricercatori, "offre un'importante finestra sul passato geologico del Mediterraneo e sull'evoluzione del nostro pianeta, offrendo spunti preziosi per comprendere meglio i processi climatici e ambientali che hanno plasmato la Terra nel corso dei millenni". Processi caratterizzati dalla formazione di grandi depositi di sale dovuti all'evaporazione, sono avvenuti "episodicamente nella storia della Terra e hanno avuto un impatto significativo sul ciclo del carbonio e sul clima globale", osserva Florindo.