L’assenza di nevicate abbondanti e le temperature miti di questo gennaio preoccupano per la mancanza di future riserve idriche e per le coltivazioni a rischio
di Redazione E-Planet© Getty
C’è poco da festeggiare, anche se si ama il caldo fuori stagione. Neanche il tempo di lasciarci alle spalle l’anno più caldo della storia d’Italia e ci risiamo. Il 2023 sembra voler battere questo triste record. Sulle montagne, specie quelle dell’Appennino, non c’è neve. Le poche imbiancate stagionali si sono concentrate solo su Alpi e PreAlpi, oltre i 1500 metri di quota. Siamo già in allarme, gli effetti negativi sono visibili a tutti con i molti impianti sciistici in sofferenza, ma a preoccupare gli esperti sono le conseguenze che dovremo pagare nei mesi più caldi.
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La neve, infatti, è una riserva idrica fondamentale e quella che dovrebbe cadere in questi mesi è determinante per i ghiacciai, i laghi e i fiumi del nostro Paese. Se queste riserve non si riempiranno, il primo settore che andrà nuovamente in sofferenza è quello dell’agricoltura. Le coltivazioni, infatti, sono già reduci da un anno in cui secondo Coldiretti è caduto quasi il 50% di pioggia in meno rispetto ai 12 mesi precedenti.
Secondo i meteorologi non è ancora chiaro quando arriverà il vero freddo invernale, le temperature miti di questo periodo rischiano solo di “ingannare” la natura. Il caldo anomalo fa anticipare la ripresa vegetativa con fioriture fuori stagione, ma eventuali ondate di gelo, che a questo punto si può definire improvviso, possono poi bruciare fiori e gemme, con gravi effetti sui prossimi raccolti e su tutto l’ecosistema.
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Non sono previste nevicate abbondanti, ovvero quelle utili per fare scorta di risorse idriche. Di conseguenza si teme un’estate bollente e siccitosa.
Tutto questo è la conseguenza del surriscaldamento che sta colpendo anche l’Italia. La classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine dopo il 2022 il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione: maggior numero di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: secondo Coldiretti i danni provocati all’agricoltura dalla siccità e dal maltempo hanno già superato per questa stagione i 6 miliardi di euro.