In Italia le centrali a carbone in tutto sono sette, due delle quali riattivate a fine 2021
di Redazione E-Planet© Getty
"Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell'immediato". Queste le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi nell'informativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina. Il premier si è detto "pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell'energia, ove questo fosse necessario" sottolineando poi "è necessario".
La guerra in Ucraina sta portando ripercussioni anche in Italia, in particolare per quanto riguarda l’approvvigionamento di gas proveniente dalla Russia. Il Governo starebbe quindi pensando di tornare a far ricorso alle centrali a carbone per far fronte alla possibile carenza di questa fonte energetica.
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Il Presidente del Consiglio ha aggiunto: “Le vicende di questi giorni dimostrano l'imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all'anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi”.
Se il flusso di gas in arrivo venisse ridotto potrebbe essere quindi necessario riaprire le centrali a carbone chiuse in Italia. L'Italia, insieme ad altri Paesi, si era impegnata ad accantonare questa fonte di approvvigionamento altamente inquinante alla conferenza sul clima di Glasgow (Cop26). In tutto nel nostro Paese le centrali sono sette, due delle quali sono state riattivate a fine 2021 con l'intensificarsi della tensione fra Russia e Ucraina. Le centrali a carbone italiane si trovano a La Spezia (Liguria), a Fiume Santo (Sardegna), a Portoscuro (in Sardegna), a Brindisi (Puglia), a Torrevaldaliga (Lazio), a Fusina (in Veneto), a Montefalcone (Gorizia) e in Friuli Venezia Giulia.