Si registrano a Vicenza, Milano e Bologna i rialzi maggiori. L'incidenza del canone sulle tasche dei lavoratori è aumentata in media del 35,2%
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I costi degli affitti pesano sempre più sulle tasche degli italiani. Secondo un'indagine del Sole 24 Ore, "tra il 2018 e il 2023 il peso medio del canone sui redditi da lavoro dipendente nei capoluoghi di provincia è passato dal 31,6% al 35,2%", arrivando fino al 40% in ben sei città. L'incrocio dei dati Omi (Osservatorio del mercato immobiliare) con le statistiche fiscali delle Finanze mostra che dal 2018 la pressione dei canoni liberi sulle buste paga dei residenti è salita in media del 3,6%. Con picchi a Vicenza (+8,5%), Bologna e Milano (entrambe al 6,3%).
Nel capoluogo lombardo, dove l’incidenza media si attesta al 37,4%, per i nuovi contratti gli inquilini devono far fronte ai prezzi più alti: 1.122 euro al mese, 267 in più rispetto al 2018. Seguono i 967 euro di Firenze e i 947 di Roma. Nel 2018 la mensilità media nei capoluoghi era 615 euro; l’anno scorso è stata di 731 euro. Il Sole 24 Ore evidenzia che se l’incremento fosse stato identico all’inflazione rilevata dall’Istat a livello nazionale, quest’ultimo importo si sarebbe fermato a 715 euro. In pratica, le nuove locazioni sono rincarate più dell’indice generale dei prezzi.
Dai rincari sono usciti indenni gli inquilini con locatori che hanno scelto la cedolare secca, perché l’applicazione della flat tax sospende la possibilità di aggiornare il canone all’inflazione. Secondo gli ultimi dati disponibili, i contribuenti che hanno optato per la cedolare sono 2,79 milioni, a fronte di 3,65 milioni di case locate da persone fisiche. La tassa piatta sembra aver offerto a molti conduttori un'inaspettata protezione dopo anni di inflazione vicina allo zero. Gli aumenti colpiscono di più chi si trova a firmare un nuovo contratto: famiglie in cerca di una casa più grande o lavoratori che si trasferiscono.
In questo contesto le detrazioni per gli inquilini a basso reddito sarebbero un aiuto poco determinante. Nelle ultime dichiarazioni dei redditi sono state usate da oltre 1,2 milioni di lavoratori dipendenti, con un reddito fino a 31mila euro circa. Il beneficio medio si ferma però a 171 euro annui. La stagione degli aumenti non ha comunque colpito in modo uniforme tutti i 97 capoluoghi esaminati. Anzi in 13 centri l’importo medio dei nuovi canoni registrati è diminuito: dal record di Pescara (-126 euro al mese) fino al “caso Venezia” (-72 euro).
I numeri segnalano la necessità di calibrare le politiche sulle diverse esigenze territoriali. A sbilanciare il rapporto canone-reddito può essere anche l’andamento delle buste paga. I redditi da lavoro dipendente dichiarati nel 2023 (anno d’imposta 2022) sono aumentati del 6,5% in valore nominale rispetto al 2018. Questo incremento, che pure non ha assorbito l’inflazione, ha attutito il rincaro dei canoni nei Comuni dove il reddito è cresciuto di più. Resta il problema di riuscire a sostenere i canoni in grandi città come Milano.