Secondo quanto emerge da una ricerca di Fpa si assisterà a uno shock occupazionale senza riforma di sistema. Ecco le mansioni più in bilico
Il settore pubblico subirà un forte impatto dall'adozione dell'Intelligenza Artificiale. Il 57% dei dipendenti, pari a circa 1,8 milioni di lavoratori, sarà fortemente esposta alla nuova tecnologia e il 12% degli impiegati rischia di essere sostituito (218mila persone). È quanto emerge da una ricerca di Fpa, secondo cui gran parte dei dipendenti pubblici (l'80%) potrebbe integrare l'Intelligenza Artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti.
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L'esposizione all'IA, secondo l'indagine Fpa, sarà al pari della crisi del 2007 e della pandemia del 2020: rappresenta cioè uno shock esterno a cui la PA è chiamata a rispondere. Per stimarne l'impatto è stato adattato alle categorie professionali dei dipendenti pubblici italiani il metodo AIOE (Artificial Intelligenze Occupational Exposure) di Edward Felten sull'esposizione occupazionale all'IA.
Così quasi la metà dei dipendenti pubblici delle strutture centrali della PA (ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici), risulta a rischio sostituzione a causa dell'impatto dell'Intelligenza artificiale. Si tratta di oltre 92mila persone, sui poco meno di 204mila lavoratori delle amministrazioni centrali.
Se nell'intero pubblico impiego sono a rischio sostituzione il 12% dei 1,8 milioni impattati dall'Ia, nelle amministrazioni centrali la sostituzione potrebbe riguardare il 47% del personale impattato dalla nuova tecnologia (i coinvolti dall'Ia sono il 92,2% del totale, circa 196mila persone).
Il settore pubblico sarà altamente "esposto" all'impatto dell'IA tra le mansioni spettanti ai dipendenti e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere. Questa interazione potrà tradursi in un arricchimento delle attività oppure in una sostituzione dei lavoratori, in particolare dirigenti, ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.
Tra i lavoratori pubblici altamente esposti, gran parte (l'80%) potrebbe integrare l'intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti: circa 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione (come dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti innovativi, esperti tecnici e professionisti, prefetti, magistrati e direttori generali), infatti, possono operare in modo complementare con le nuove tecnologie, se adeguatamente formati e con un'organizzazione abilitante.
Ma c'è un 12% a rischio di sostituzione: sono vulnerabili ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall'Intelligenza artificiale.
Sono questi alcuni risultati della ricerca "L'impatto dell'intelligenza artificiale sul pubblico impiego" presentata da Fpa, società del gruppo DIGITAL360, in apertura di FORUM PA 2024, l'evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell'innovazione in programma a Roma fino al 23 maggio. Un'indagine che, mutuando la metodologia dei più importanti lavori della letteratura scientifica sul tema (Felten, 2021 e Pizzinelli, 2023), evidenzia come l'avvento dell'intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione per la PA.
"Di fronte a un simile impatto, la pubblica amministrazione è chiamata a una riforma strutturale - aggiunge Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA -. Serve una revisione dei processi di formazione, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill, che possono qualificare il lavoro liberato da mansioni ripetitive e routinarie. A livello organizzativo, bisogna abbandonare la logica gerarchica e burocratica per introdurre la flessibilità necessaria a gestire il cambiamento. Mentre la dirigenza è chiamata ad abbandonare la cultura dell'adempimento verso una per obiettivi e risultati".