Cupertino sta valutando con i suoi fornitori asiatici il costo del rimpatrio di una parte della produzione cinese
Per il momento non è stato ancora confermato nulla da alcuna delle società coinvolte ma, secondo il quotidiano giapponese "Nikkei Asian Review", l'amministratore delegato della Apple, Tim Cook, avrebbe chiesto alle due imprese di assemblaggio di iPhone, Foxconn e Pegatron, di valutare il costo di trasferimento produttivo di smartphone sul territorio americano. Vera o meno, l'ipotesi sarebbe coerente con la linea della nuova amministrazione Trump rispetto alla Cina.
Si tratterebbe, dunque, di una forma di "rilocalizzazione produttiva" anche se al momento non c'è ancora stato un annuncio ufficiale.
Qualora avvenisse, sempre secondo il giornale "Nikkei", il costo di produzione degli iPhone negli Usa potrebbe raddoppiare. Un colpo duro per Apple che rischierebbe di avere una grande perdita sui margini, a patto di non dover raddoppiare anche il prezzo dei telefoni, il che sarebbe sicuramente una mossa suicida rispetto alla concorrenza asiatica. Prendendo un esempio pratico, in questo momento un iPhone 7 con 32 GB venduto 649 dollari, costa poco più di 200 dollari per essere prodotto. Aggiungendoci le altre spese, Apple riesce a ottenere un margine del 40 per cento. Sarebbe, però, impossibile mantenere un modello così fruttuoso con un iPhone "made in Usa". Considerando che il costo di produzione arriverebbe ai 500 dollari, l'azienda dovrebbe venderlo a più di 1000 per conservare i margini attuali.
Inoltre, come riporta la Cnbc, già in passate occasioni Apple aveva avvertito che scelte di questo genere non incontravano unicamente problemi di costi, ma anche di professionalità necessaria. Evidentemente per la produzione di alcuni tipi di beni, tali competenze sono ormai appannaggio dell'industria asiatica.