Secondo l'UPB sommando alla forza lavoro potenziale (inattivi disponibili a lavorare), la disoccupazione e i sotto-occupati si arriva a un tasso di sotto-utilizzo del lavoro pari al 24,5% del bacino esteso di forze di lavoro
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Nella sua ultima Nota sulla congiuntura, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) ha rivisto al rialzo le stime relative alla crescita del Pil italiano del 2017. Mentre nel Documento di economia e Finanza il governo prevedeva infatti un aumento dell’1,1%, le stime dell’UPB indicano un +1,3%, allineandosi alle recenti stime della Banca d’Italia. Nel resoconto però sottolinea anche che, nonostante i progressi, il mercato del lavoro presenta ancora qualche indicatore destabilizzante.
Nei primi cinque mesi del 2017, l’occupazione - si legge - è aumentata dell’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2016. Una crescita legata maggiormente all’aumento delle assunzioni a tempo determinato che, con un +8,6%, superano nettamente la crescita di quelle con contratto a tempo indeterminato, cresciute nell’arco di tempo considerato di appena 0,7 punti percentuali.
Anche nell’ultimo resoconto dell’Istituto nazionale di previdenza sociale si conferma questa tendenza. Secondo l’INPS tra gennaio e maggio le assunzioni del solo settore privato sono state complessivamente 2.736.000, un numero in aumento del 16% rispetto al medesimo periodo di un anno fa, ma legato unicamente alla crescita di quelle a tempo determinato, aumentate del 23%, mentre quelle permanenti sono scese addirittura di 5,5 punti.
Non solo, lo stesso UPB nello studio si concentra poi su forma di precariato: la sottoccupazione che in Italia interessa circa 800 mila persone. Come spiega l’Ufficio, “sommando alla forza lavoro potenziale (inattivi disponibili a lavorare), la disoccupazione e i sotto-occupati si arriva, nel primo trimestre dell’anno, a un tasso di sotto-utilizzo del lavoro pari al 24,5 per cento del bacino esteso di forze di lavoro”.
Certo il problema della sottoccupazione non è un problema solo italiano. Secondo alcuni recenti dati dell’Eurostat, due occupati dell’Unione europea su dieci lavorano part-time e il 20,9% di essi (ovvero il 4,2% dell’occupazione complessiva europea) lo fa contro la sua volontà.