Secondo l'Ufficio studi di Mestre adesso il lockdown va applicato alle tasse. In particolar modo a quelle pagate dagli autonomi e dalle piccole e micro imprese che rischiano di chiudere definitivamente
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La Cgia propone di azzerare le imposte erariali nel 2020 per le micro e piccole imprese. Ovvero, stop a Irpef, Ires e l’Imu sui capannoni. Queste attività, comunque, saranno tenute a versare le tasse locali per non penalizzare Regioni e Comuni. Per l’erario il mancato gettito ammonterebbe a poco più di 28 miliardi di euro. Un taglio delle entrate molto importante, ma necessario, altrimenti tantissime piccole attività rischiano di chiudere per sempre, causando un buco nel bilancio statale nell’anno successivo.
Le ditte individuali, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti e le società di persone interessate da questa misura di alleggerimento fiscale sarebbero circa 4,9 milioni, pari all’89 per cento di tutte le attività economiche presenti nel Paese. In termini di gettito, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre stima che all’erario verrebbero a mancare 28,3 miliardi di euro così suddivisi: 22,7 miliardi di Irpef; 4,2 miliardi di Ires; 779 milioni di imposta sostitutiva versata dalle partite Iva che hanno aderito al regime forfettario e 500 milioni di euro circa di Imu sui capannoni.
"Dalle attività con meno di 1 milione di euro di fatturato - dichiara Renato Mason, segretario di Cgia - Sindaci e Presidenti di Regione continuerebbero a incassare le loro spettanze, stimate in 3 miliardi di Irap, 2,5 miliardi di Imu, 1,6 miliardi di addizionale regionale Irpef e 610 milioni di euro di addizionale comunale Irpef. Nel complesso, quindi, per l’anno in corso dovrebbero versare alle Autonomie locali 7,7 miliardi di euro".
“Solo con un drastico taglio delle tasse - prosegue Mason - e una forte iniezione di liquidità a fondo perduto possiamo salvare il mondo delle piccole imprese. Altrimenti, rischiamo una crisi senza precedenti che desertificherà tantissime zone produttive e molti centri storici di piccole e grandi città. Per evitare tutto questo bisogna intervenire subito. Il tempo non è una variabile indipendente. Tanti artigiani e piccoli negozianti sono allo stremo e possono ancora risollevarsi se ottengono delle certezze. Ovvero, pagare molte meno tasse e avere a disposizione le risorse finanziarie sufficienti per affrontare questa situazione di grave difficoltà”.
Per la Cgia il modello da imitare è quello tedesco. In Germania, infatti, le misure anti Covid-19 introdotte per sostenere le piccole e medie imprese hanno raggiunto i 50 miliardi di euro. Le micro aziende fino a 10 addetti, ad esempio, hanno ricevuto nel giro di qualche giorno fino a 15 mila euro di trasferimenti diretti.
E' pur vero che la Germania ha un debito pubblico che è la metà del nostro, ma se non aiutiamo il popolo delle partite Iva, queste ultime rischiano di saltare e con loro una buona parte dell’occupazione. Nelle aziende con meno di 20 addetti lavora, al netto dei dipendenti pubblici e dei servizi finanziari, il 60 per cento circa degli italiani.
A fronteggiare la nuova emergenza sarà lo Stato centrale che, sicuramente, subirà un forte aumento del debito pubblico, anche se, a seguito delle misure messe in campo dalla Bce e di quelle che saranno introdotte nei prossimi mesi dall’Ue, il deficit rimarrà comunque solvibile.