Con la neonata legge sulla crisi di impresa 133mila Srl dovranno dotarsi di un organo di controllo collegiale o di un revisore legale dei conti
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E' la Cgia di Mestre a lanciare l'allarme: le piccole aziende italiane dovranno affrontare un nuovo costo fisso per un totale di almeno mezzo miliardo di euro l’anno. Con l'approvazione della legge delega su “La riforma della disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza”, saranno 133mila le società a responsabilità limitata (Srl) che dovranno dotarsi di un organo di controllo collegiale o, in alternativa, di un revisore legale dei conti.
Con la normativa in vigore fino a poco tempo fa in una Srl la nomina dell’organo collegiale di controllo o del revisore dei conti non era sempre obbligatoria e lo diventava solo quando era prevista dallo statuto, oppure se si verificavano alcune condizioni. Il vincolo di nomina, per esempio, scattava nel caso si fossero superati per due esercizi consecutivi almeno due dei seguenti limiti: quando il totale dell’attivo patrimoniale saliva sopra i 4,4 milioni di euro; allorché i ricavi delle vendite e delle prestazioni superavano gli 8,8 milioni di euro e quando la Srl aveva un numero di dipendenti superiore alle 50 unità.
Ora, con la nuova legge delega, si è stabilito che basta il superamento per due esercizi di una sola delle tre soglie; quelle di natura finanziaria, inoltre, sono state abbassate entrambe a 2 milioni di euro e le Srl interessate, invece, saranno tutte quelle con più di dieci addetti. Adesso quindi le piccole imprese a responsabilità limitata comprese tra 10 e 50 addetti che, secondo i calcoli della Cgia ammontano a poco meno di 133mila unità, saranno costrette a nominare il collegio o il revisore dei conti accollandosi un costo aggiuntivo di circa mezzo miliardo di euro l’anno.
Il commento della Cgia è affidato al coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “Dopo aver deciso di rinviare di un anno sia l’entrata in vigore dell’Iri (vale a dire la nuova imposta che avrebbe consentito alle società in nome collettivo di beneficiare di un’aliquota sui redditi del 24 per cento), sia l’abolizione degli studi di settore, arriva a sorpresa questo nuovo balzello che, mediamente, costerà a ciascuna impresa interessata almeno 3.500 euro circa ogni anno. Se, come pare, in questa legge di Bilancio non assisteremo nemmeno all’estensione della cedolare secca agli immobili a uso strumentale, non verrà completata l’attuazione del regime per cassa e non si procederà a confermare l’ecobonus al 65 per cento, ci apprestiamo a registrare l’ennesimo disinteresse dell’esecutivo e della maggioranza di governo nei confronti delle istanze sollevate dal mondo delle piccole e micro imprese”.
“Lombardia e Veneto – conclude Zabeo - saranno le regioni più colpite, visto che in queste aree risiede quasi il 33 per centro del totale delle piccole imprese interessate da questa nuova stangata. Pertanto, invitiamo i Governatori Maroni e Zaia a sollevare anche questa questione nella trattativa per l’autonomia che è stata avviata in queste settimane con il Governo centrale”.