Partite Iva

Come cambia il regime dei minimi per le partite Iva

Le partite Iva, iscritte dal 1° gennaio, faranno i conti con un aumento dell'aliquota e non potranno godere delle detrazioni. Ma il premier Renzi promette “un intervento correttivo”

24 Dic 2014 - 10:52
 © dal-web

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La legge di Stabilità introduce importanti modifiche al regime dei minimi. Entrato in vigore il 1° gennaio del 2008, quello dei minimi è un regime fiscale agevolato per i contribuenti che presentano requisiti precisi e che con l'inizio del 2015 subirà qualche cambiamento.

Si tratta di novità importanti per chi intende aprire una partita IVA a partire dal 1° gennaio del 2015, seguendo l'esempio di chi lo ha già fatto nel corso del 2013. Durante il quale, secondo quanto rilevato dal ministero dell'Economia e delle Finanze, sono state aperte circa 527 mila nuove partite IVA: in leggero calo rispetto al 2012 (-4,4%).

Le condizioni da soddisfare per entrare nel nuovo regime sono diverse. Esattamente quattro. I ricavi, ad esempio, non devono essere superiori ai limiti previsti dalla legge e che variano a seconda dell'attività svolta (si passa dai 15 mila euro annui per le imprese edili per arrivare ai 40 mila di quelle alberghiere e della ristorazione); i redditi da lavoro dipendente o pensione non devono essere superiori a quelli d'impresa o professionali, eccezion fatta nel caso in cui la somma complessiva non superi la soglia dei 20 mila euro; le spese per prestazioni di lavoro non devono superare i 5 mila euro e, infine, non si devono possedere uno stock di beni mobili strumentali (al lordo degli ammortamenti) superiori a 20 mila euro.

Il nuovo sistema esclude dalle agevolazioni i lavoratori dipendenti e assimilati prevalenti, che superano la soglia dei 20 mila euro.

Il nuovo regime prevede la forfetizzazione del reddito imponibile, che si ottiene applicando una percentuale di redditività che varia a seconda dell'attività svolta, sul quale applicare successivamente un'aliquota triplicata rispetto a quella attuale: il 15% contro il 5%.

Una novità rispetto al passato: il vecchio sistema consentiva infatti di portare in deduzione i costi inerenti all'attività senza alcun limite. Per le partite IVA, iscritte dal 1° gennaio, i costi non potranno così azzerare il reddito imponibile.

Si prenda in considerazione il caso di un professionista con un reddito da 12.000 euro. Con il nuovo regime dovrà pagare un'aliquota del 15% sulla base del 78% dei ricavi (il 15% di 9.360 euro, in sostanza), per una tassazione forfettaria pari a 1.404 euro: 140 euro in più rispetto a quanto avrebbe dovuto pagare con l'attuale regime fiscale.

Un incremento che non è passato inosservato. Ma il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha comunque promesso "un intervento correttivo” per le giovani partite IVA, che "hanno avuto meno vantaggi di tutti".

I contribuenti attualmente nei minimi possono, è bene precisare, proseguire a usufruire del vecchio regime (con l'imposta al 5%) fino alla scadenza naturale. Ovvero: fino al quinto anno dall'inizio di attività o al 35esimo anno d'età.

Nonostante permetta una riduzione di un terzo del reddito forfettario per i primi 10 anni (con un'aliquota ferma al 10%), il regime, che entrerà in vigore a partire dall'inizio del 2015, appare quindi meno conveniente alle partite IVA, chiamate a farsi carico di una tassazione superiore a quella attuale.

Tuttavia il nuovo regime dei minimi qualche vantaggio lo prevede: i contribuenti potranno usufruire di una riduzione degli adempimenti contabili e burocratici. Quest'ultimi, ad esempio, saranno infatti esentati dagli obblighi della contabilità IVA, che però non potranno detrarre, dall'obbligo della dichiarazione (salvo il dovere di conservare i documenti ricevuti ed emessi) e saranno esclusi anche dal versamento dell'IRAP e non saranno soggetti agli studi di settore.

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