A maggio il calo è stato del 4,1%. In crescita oltre le attese, invece, l'economia del Giappone
I tentennamenti della Fed e la crescita fragile dell'Eurozona, si è visto ancora di recente, derivano dal rallentamento delle economie emergenti e dalle difficoltà cinesi in particolare. Entrambe le situazioni, sottolinea l'Istat nella consueta nota mensile, sono alla base del deludente andamento del commercio mondiale.
Una circostanza che viene ancora confermata dagli ultimi dati sull'export della Cina, che sono tornati in territorio negativo, mostrando perciò un andamento altalenante. Esportazioni e importazioni sono scese di nuovo a maggio a causa della domanda globale in diminuzione, ma anche di quella interna.
Il calo è stato rispettivamente del 4,1% (a 181,1 miliardi di dollari) e dello 0,4% (a 131,1 miliardi), il surplus si attesta a 50 miliardi dai 45,6 di aprile (-1,8% export e -10,9% import). Finora il modello di crescita di Pechino si era basato principalmente sulle esportazioni, così come il Giappone e altre realtà asiatiche.
Di recente, invece, la Cina ha cominciato ad adottare misure che dovrebbero favorire la domanda interna (consumi e investimenti), ma le difficoltà che sta incontrando nel riequilibrio della propria economia è uno dei principali timori della Fed, legati cioè ad eventuali ulteriori stimoli ritenuti necessari dalle autorità cinesi.
Dall'Asia, però, arrivano spiragli positivi, che interessano il Giappone. L'economia giapponese continua a crescere: nel primo trimestre del 2016 il Pil è aumentato dell'1,9% quando nella stima preliminare era stato indicato +1,7%. Nel confronto con il trimestre precedente la crescita è stata dello 0,5%.
Tale aumento è stato determinato soprattutto dalla domanda interna, con un miglioramento (quasi inaspettato) dei consumi (+0,5%) e della spesa pubblica. Il contributo positivo è giunto anche dalle esportazioni, ma le importazioni sono in calo (a dimostrazione dei consumi che, nel complesso, restano deboli).