Dall'analisi "Demografia d'impresa nelle città italiane" emerge una "sempre più preoccupante" desertificazione commerciale delle nostre città
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Tra il 2012 e il 2023, in Italia, è sparito oltre un negozio su cinque. Sono 111mila i punti vendita al dettaglio morti e che non sono stati sostituiti e 24mila le attività di commercio ambulante perdute. Sono invece aumentate le attività di alloggio e ristorazione (+9.800). Dai dati principali dell'analisi "Demografia d'impresa nelle città italiane", realizzata dall'Ufficio Studi di Confcommercio con il centro studi Guglielmo Tagliacarne, emerge una "sempre più preoccupante" desertificazione commerciale delle nostre città. La riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici che nelle periferie.
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Cambia anche il tessuto commerciale dei centri storici con sempre meno attività tradizionali come i distributori di carburanti (-40,7% dal 2012), i negozi di libri e giocattoli (-35,8%), di mobili e ferramenta (-33,9%), abbigliamento -25,5%) e sempre più servizi e tecnologia. Le farmacie segnano +12,4%, computer e telefonia +11,8%, le attività di alloggio (+42%) e quelle di ristorazione (+2,3%). A questa crescita numerica non corrisponde un'analoga crescita qualitativa dell'offerta di queste attività, con il proliferare di B&B e bar-ristoranti.
Inoltre, crescono le imprese straniere nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi (+30,1% tra il 2012 e il 2023) e si riducono quelle con titolare italiano (-8,4%). E metà della nuova occupazione straniera nell'intera economia è proprio in questi settori (+120mila).
Nonostante la riduzione numerica importante, il commercio è definito "ancora vitale e reattivo" dal direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, che aggiunge "avremmo potuto essere davvero sterminati durante la pandemia", invece abbiamo perso solo il 6,7% nel complesso della sede fissa e i sopravvissuti sono, comunque, 440mila. In termini assoluti dal 2019 al 2023 sono spariti circa 31mila negozi. Centoventi comuni medio grandi al centro sono poi al centro di un'analisi sulle unità locali di commercio che mostra come dal 2012 al 2021, la densità commerciale è passata da 12,9 negozi per mille abitanti a 10,9 (-15,3%).
Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, la soluzione proposta è quella di "puntare su efficienza e produttività, anche attraverso l'innovazione e la ridefinizione dell'offerta". Resta fondamentale, poi, l'omnicanalità, ovvero l'utilizzo anche di un canale online ben funzionante (negli ultimi cinque anni gli acquisti di beni su Internet sono quasi raddoppiati passando da 17,9 miliardi del 2019 a 35 miliardi del 2023). La crescita dell'e-commerce è infatti la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un'opportunità per il commercio "fisico" tradizionale.
"Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante. Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale". Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta l'analisi sulla demografia di impresa nelle città italiane. Rimane "prioritario", per Sangalli, "contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città". "In questa direzione - aggiunge il presidente di Confcommercio - vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l'Anci a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città".