Battaglia sugli aiuti al vertice Ue, è scontro Conte-Rutte
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Muro contro muro. Da una parte l'asse Italia-Francia-Spagna, dall'altro l'Olanda (con Rutte che non cede sulla governance) e l'Austria (con il no secco di Kurz ai 500 miliardi di aiuti a fondo perduto)
Fallisce il primo giorno di Consiglio Ue sul Recovery Fund. Le posizioni dei 27 leader europei restano molto distanti. Il negoziato entra nel vivo solo dopo cena, quando il presidente del Consiglio Charles Michel mette sul tavolo una nuova proposta. Non è quella risolutiva però perché dopo 13 oltre ore di vertice i leader, ancora lontani su tutto, si danno appuntamento al giorno dopo con il premier Conte che annuncia una sua proposta alternativa.
Il confronto a 27 della mattina e del primo pomeriggio non è andato benissimo, ma era tutto previsto. I leader sono soli, senza assistenti e con un'ampia distanza che li separa, sia fisica che metaforica. E non perdono l'occasione per sottolinearla, perché tutti sono determinati a battersi per i propri interessi, guardati a vista dai rispettivi Parlamenti che quell'accordo dovranno poi approvare.
Non è un tutti contro tutti, ma una guerra tra bande. La prima ad esplodere, annunciata già alla vigilia, è tra il premier Conte e l'olandese Rutte. "La tua proposta sulla governance del Recovery Fund è incompatibile con i trattati e impraticabile sul piano politico", gli si rivolge il premier riferendosi all'unanimità del voto in Consiglio (leggi diritto di veto) che l'olandese reclama per gli esborsi europei.
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"Non la beviamo", replicano da L'Aja. "Questa è una situazione eccezionale che richiede una solidarietà eccezionale, per la quale si possono trovare soluzioni straordinarie. Occorre essere creativi", insistono fonti olandesi.
Anche lo spagnolo Sanchez affronta Rutte davanti a tutti, prendendo a lungo la parola contro l'idea dell'unanimità a cui l'Olanda non vuole rinunciare. Al momento dei bilaterali, è chiaro che la questione della governance è uno degli ostacoli da rimuovere prima di proseguire e parlare delle cifre del Recovery e del bilancio.
Michel si riunisce con la Merkel, Macron e la von der Leyen per fare il punto, e nasce l'idea di un compromesso. Gli Stati avrebbero la possibilità di ricorrere ad una sorta di "freno d'emergenza" che bloccherebbe i pagamenti del Recovery Fund se non ci fosse consenso tra i governi, rimandando la questione ai leader. Il meccanismo verrebbe applicato nella fase di attuazione dei piani nazionali di riforma, non sul loro ok iniziale.
Michel lo illustra a Rutte in bilaterale, e poi lo mette sul tavolo della cena a 27. Ma per il premier olandese non è sufficiente, e torna alla carica sull'unanimità mentre per Conte "il nuovo piano di Charles Michel sul Recovery Fund, nonostante l'impegno e la generosità dello sforzo, è una proposta non spendibile". E presenta una sua controproposta: lasciare alla Commissione valutare i piani di riforma che i singoli Paesi presenteranno per accedere ai fondi, con un potere del Consiglio, cioè degli Stati, di sollecitare interventi in casi particolari. "Abbiamo ancora da lavorare perché le divergenze ancora ci sono", ammette il premier. Il no olandese alla proposta di Recovery Fund? "Nulla è incrollabile nella vita".
Conte, pronto a battersi a oltranza per portare a casa il risultato, non è quindi disposto ad accettare regole che ostacolino l'utilizzo dei fondi, come ha ripetuto fin dai giorni scorsi. Inoltre, l'obiettivo dell'Italia è difendere con le unghie e con i denti i 750 miliardi del Recovery Fund, dai quali guadagnerebbe 81 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto. Su questa battaglia può contare sull'appoggio di Macron, che pure non accetta tagli perché non vuole ridurre l'ambizione del piano di rilancio dell'economia europea.
Per il presidente del Consiglio "non si tratta di porre il veto, si tratta di trovare un accordo. L'italia è molto ambiziosa anche perché difende una proposta della Commissione. Siamo disponibili a entrare nella logica di revisione di qualche dettaglio. Non siamo assolutamente disponibili ad accettare una soluzione di compromesso che alteri non solo l'equilibrio tra le istituzioni europee - questo per noi è una linea rossa - ma anche l'ambizione per quanto riguarda l'ammontare dell'intervento del Recovery e il bilanciamento e l'equilibrio interno tra sussidi e prestiti".
Ma dopo 13 ore di vertice, l'austriaco e frugale Kurz smorza le speranze: Vienna è contraria ai 500 miliardi di sovvenzioni, perché non vuole che si crei "un'Unione dei debiti a lungo termine". Altro grande ostacolo è la questione della condizionalità legata allo stato di diritto, su cui Polonia e Ungheria hanno alzato le barricate. La trattativa resta in salita.