Secondo l'Area Studi Confcooperative, nel primo quadrimestre del 2016, il livello occupazionale è rimasto stabile “anche grazie alle misure di flessibilità introdotte dal governo”
L'ultimo rapporto condotto dall'Area Studi Confcooperative, dal Centro Studi Legacoop e dall'Ufficio Studi Agci offre un quadro generale sull'andamento delle cooperative italiane da gennaio a aprile 2016.
Le cooperative italiane contano di tornare a investire e, cosa altrettanto importante, nel primo quadrimestre del 2016 il 68,1% è riuscito a mantenere stabili i livelli occupazionali. Mentre il resto ha ammesso di averli ridotti (il 13,7%) o ha dichiarato di aver aumentato il numero degli occupati (18,1%) assumendo nuovi lavoratori e confermando quanto avvenuto durante gli anni della crisi economica.
Secondo i dati rilasciati da Confcooperative nelle scorse settimane, contrariamente a quanto accaduto nel resto del Paese – durante la recessione il numero degli occupati è passato da 23.048.00 a 22.492.000 unità, riducendosi del 2,4% – i lavoratori impiegati nelle cooperative sono aumentati: tra il 2007 e il 2015 i posti di lavoro creati dalle coop aderenti da Confcooperative (circa 19mila) sono stati oltre 48mila (+10,1%).
Confcooperative sottolinea che le coop prediligono i rapporti di lavoro stabili – il 75% degli occupati nelle imprese aderenti ha sottoscritto un contratto a tempo indeterminato –, offrendo un'opportunità lavorativa alle donne (nelle coop, il 60,8% degli occupati è una lavoratrice) e ai giovani: in una cooperativa su tre c'è almeno un addetto con meno di 35 anni.
Quello offerto dalle cooperative è un contributo consistente anche a livello europeo. In una risoluzione del 2013, il Parlamento europeo sottolineava che le cooperative – nell'Unione europea se ne contano circa 160 mila – contribuivano mediamente a generare il 5% del Prodotto interno lordo (PIL) di ciascun Paese membro, dando lavoro nel complesso a 5,4 milioni di persone.