Secondo la Coldiretti un numero crescente di Paesi cercherà di garantire prima di tutto l'approvvigionamento della propria popolazione
Gli scambi commerciali nel mondo scenderanno tra il 13 e il 32% nel 2020, a fronte di un Pil che si contrarrà tra il 2,5 e l'8,8%. Sono le previsioni della Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, che ha calcolato gli effetti del coronavirus sugli affari nell'arco dei dodici mesi dell'anno. Il crollo stimato sarà maggiore di quello della crisi del 2008-2009.
L'emergenza coronavirus ha sconvolto il mercato agroalimentare mondiale dove si riducono i commerci con fluttuazioni violente dei prezzi e carenze per alcune categorie di prodotto. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento all'allarme lanciato dall' Organizzazione Mondiale del Commercio, Wto sul crollo fra il 13% e il 32% degli scambi internazionali nel 2020. Una tempesta che - sottolinea la Coldiretti - investe in pieno le grandi commodities agricole, considerando il cibo un elemento di interesse strategico nazionale come la difesa, la sanità e le comunicazioni.
"La Russia dopo essere diventata il maggior esportatore del mondo di grano, l'alimento principale dei paesi occidentali, ha deciso - spiega la Coldiretti - di trattenerne parte per uso interno mentre un altro grande esportatore come il Kazakistan ne ha addirittura vietato le esportazioni". A diminuire è anche il commercio mondiale di riso, il cereale più consumato nel mondo "con il Vietnam che - continua la Coldiretti - ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione mentre in India le consegne per l'estero si sono fermate a seguito delle pesanti conseguenze del lockdown nel paese per affrontare l'emergenza coronavirus".
"Gli effetti della pandemia hanno fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dalla produzione agricola per l'alimentazione, l'ambiente e la salute dei cittadini - conclude il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che in uno scenario di questo tipo - l'Italia in futuro potrà trarre beneficio dalla sua tradizione rurale ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il patrimonio agroalimentare nazionale in una situazione in cui l'ultima generazione è stata responsabile della perdita di 1/4 delle terre fertile nella Penisola per colpa dell'urbanizzazione e dell'abbandono forzato".