respinto il ricorso

Corte Ue conferma maxi-multa a Google per abuso posizione dominante e chiede a Dublino di recuperare gli aiuti ad Apple

Vestager: "Grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale"

10 Set 2024 - 22:02

La Corte di Giustizia dell'Ue ha respinto il ricorso di Google e Alphabet contro la maxi-multa per 2,4 miliardi di euro inflitta dalla Commissione europea al gruppo di Mountain View. L'esecutivo comunitario aveva constatato nel 2017 che Google ha abusato della sua posizione dominante nello Spazio economico europeo nel comparto delle ricerche generiche su Internet, favorendo il proprio comparatore di prodotti, rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. La Corte ha inoltre annullato la sentenza del Tribunale sui ruling fiscali adottati dall'Irlanda a favore della Apple, confermando la decisione della Commissione europea del 2016 secondo cui Dublino ha concesso al gruppo un aiuto illegale, che il Paese è tenuto a recuperare.

"Oggi è una grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale", ha detto la vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager, commentando le sentenze.  "La Corte di Giustizia ha confermato l'approccio della Commissione secondo cui la licenza di proprietà intellettuale da parte di Apple per le aree urbane irlandesi e i relativi profitti avrebbero dovuto essere assegnati alle filiali irlandesi e quindi Apple avrebbe dovuto pagare tasse per 13 miliardi su tutti i relativi profitti in Irlanda. Questo significa" che le relative somme "che sono state su un conto vincolato in Irlanda per un bel po' di anni durante i procedimenti in corso devono essere rilasciate allo Stato irlandese".

La vicenda Google

 Nel 2017 la Commissione aveva inflitto un'ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti. Poiché il Tribunale ha, in sostanza, confermato tale decisione e mantenuto l'ammenda, Google e Alphabet hanno proposto un'impugnazione dinanzi alla Corte, che è stata respinta da quest'ultima, confermando così la sentenza del Tribunale.

La decisione della Corte Ue

 Con decisione del 27 giugno 2017, la Commissione ha constatato che, in tredici paesi dello Spazio economico europeo, Google aveva privilegiato, sulla sua pagina di risultati di ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. Google aveva infatti presentato i risultati di ricerca del suo comparatore di prodotti in prima posizione e li aveva valorizzati all'interno di "boxes", accompagnandoli con informazioni visive e testuali attraenti. Per contro, i risultati di ricerca dei comparatori di prodotti concorrenti apparivano soltanto come semplici risultati generici (presentati sotto forma di link blu) ed erano, per tale motivo, contrariamente ai risultati del comparatore di prodotti di Google, suscettibili di essere retrocessi da algoritmi di aggiustamento nelle pagine di risultati generali di Google.

La multa da 2,4 miliardi a Google

 La Commissione ha concluso che Google aveva abusato della propria posizione dominante sul mercato dei servizi di ricerca generale su Internet nonché su quello dei servizi di ricerca specializzata di prodotti e le ha inflitto un'ammenda di 2.424.495.000 euro, per il pagamento della quale Alphabet, in quanto socia unica di Google, è stata ritenuta responsabile in solido per un importo di 523.518.000 euro.

Google: "Delusi dalla decisione della Corte Ue"

 "Siamo delusi dalla decisione della Corte. Questa sentenza si riferisce a un insieme di fatti molto specifico. Abbiamo apportato modifiche nel 2017 per conformarci alla decisione della Commissione Europea e il nostro approccio ha funzionato con successo per oltre sette anni, generando miliardi di clic per oltre 800 servizi di comparazione prezzi", è il commento di Google.

La controversia sugli aiuti da Apple

 La Corte di giustizia Ue ha anche annullato una sentenza del Tribunale Ue, che aveva a sua volta annullato una decisione dell'Antitrust europeo sulle agevolazioni fiscali ottenute da Apple tra l`inizio degli anni 90 e la metà del decennio scorso. Sulla base di questa decisione ora l'Irlanda dovrà recuperare gli aiuti che erano stati elargiti al gruppo, per circa 13 miliardi di euro. Con un comunicato, la Corte di giustizia ricorda che nel 2016 la Commissione europea aveva deciso che alcune società appartenenti al gruppo Apple avevano beneficiato, dal 1991 al 2014, di vantaggi fiscali costitutivi di un aiuto di Stato concesso dall'Irlanda.

Apple dovrà restituire 13 miliardi di euro a Dublino

 Tale aiuto, si legge, riguardava il trattamento fiscale degli utili generati da attività della Apple al di fuori degli Stati Uniti. Nel 2020 il Tribunale ha annullato la decisione adottata dalla Commissione, ritenendo che quest'ultima non avesse sufficientemente dimostrato l'esistenza di un vantaggio selettivo a favore di tali società. Nel pronunciarsi sull'impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale e statuito definitivamente sulla controversia, confermando al contrario la decisione della Commissione. Secondo le stime effettuate dalla Commissione, nel periodo in esame l'Irlanda avrebbe concesso alla Apple vantaggi fiscali illegali per un totale di 13 miliardi di euro. Ora questi fondi dovranno essere restituiti da Apple.

Apple: "L'Ue cerca di cambiare le regole retroattivamente"

 "La Commissione europea sta cercando di cambiare retroattivamente le regole ignorando che, come previsto dal diritto tributario internazionale, il nostro reddito era già soggetto a imposte negli Stati Uniti. Siamo delusi dalla decisione odierna poiché in precedenza la Corte di Giustizia aveva riesaminato i fatti e annullato categoricamente il caso", è il commento di Apple. "Questo caso - aggiunge - non ha mai riguardato la quantità di tasse che paghiamo, ma il governo a cui siamo tenuti a pagarle. Paghiamo sempre tutte le tasse che dobbiamo ovunque operiamo e non c'è mai stato un accordo speciale". 

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