Secondo il centro studi Unimpresa, con uno spread tra Btp e Bund stabile a 200 punti si perderebbero 20 miliardi di euro nel biennio 2017-2018
Un po’ la ripresa stenta a decollare, un po’ l’incertezza politica del nostro Paese. A tutto ciò si aggiungono le ultime dichiarazioni anti europeiste della leader francese del partito Front National, Marine Le Pen, le spinte protezionistiche e le tensioni geopolitiche. Sono diverse le cause che hanno riportato ieri lo spread tra i Btp decennali italiani e i Bund tedeschi di pari scadenza intorno ai 200 punti base. Un livello che, se rimanesse tale, secondo il Centro studi Unimpresa potrebbe “bruciare” 20 miliardi di euro nel biennio 2017-2018.
Ma cos’è lo spread? Mentre prima era un tema che interessava maggiormente gli addetti ai lavori, durante la crisi economica anche quotidiani, tv e radio hanno cominciato a parlare con insistenza dello spread, un numero utile a misurare lo stato di salute dell’economia italiana. Per spread si intende il differenziale di rendimento, da qui a dieci anni, dei titoli di Stato italiani - ovvero quelli che interessano il nostro Paese, in Spagna si fa riferimento ai Bonos, per esempio - e quelli tedeschi, ovvero quelli ritenuti più solidi e con i rendimenti più bassi. Più basso è il rendimento, appunto, e meno sono i rischi legati per gli investitori. Al contrario i titoli di Stato di un Paese che più difficilmente potrà saldare i propri debiti, avranno un rendimento più elevato.
Ma torniamo allo studio di Unimpresa. Come spiegato all’inizio, secondo il Centro Studi, se lo spread tra i Btp e i Bund rimanesse a lungo intorno alla soglia dei 200 punti, a causa degli interessi da pagare l’Italia si ritroverebbe a pagare circa 20 miliardi di euro in più rispetto quanto previsto nel Documento di Economia e Finanza dal Governo.
Per il 2017 e per il 2018 nel Def si prevede infatti una spesa per interessi compresa tra i 62 ed i 63 miliardi di euro l’anno, sostanzialmente in linea con i 68 miliardi del 2015 ed i 66,4 miliardi di euro del 2016, quando lo spread è oscillato tra i 96 punti di gennaio e i 156 di dicembre. Con uno spread superiore ai livelli del 2016 le stime andrebbero quindi riviste al rialzo.