I dati dell’Eurostat indicano una contrazione dell’1,2% per la componente non salariale e un -0,2% per quella salariale
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Gli ultimi dati dell'Eurostat indicano un calo record per il costo del lavoro nel nostro Paese – iin particolare della componente non salariale –, a fronte di un nuovo aumento consistente sia nell'Eurozona che nell'Unione europea.
Secondo l'istituto di statistica europeo nell'ultimo trimestre del 2015 il costo del lavoro sarebbe diminuito dello 0,8% in Italia, consentendo al nostro Paese di mettere a segno il dato più basso di tutta l'Unione europea e di piazzarsi ben al di sotto della media. Nello stesso periodo il costo del lavoro nell'Ue-28 ha infatti subìto una crescita dell'1,9%, mentre nell'area della moneta unica si è registrato un +1,3%.
Gli aumenti maggiori si sono registrati in Romania, con un +11,4%; in Repubblica Ceca, +8,6%; Lettonia, +7,7%; Bulgaria, +5,8%; Slovacchia, +5,3%; e Austria, 5,2%. Mentre, oltre all'Italia, una contrazione del costo del lavoro è stata registrata in Olanda, con un -0,4%; Cipro , -0,8%; e Lussemburgo, -0,4%.
Bisogna sottolineare che nel nostro Paese – dove la componente salariale ha registrato un –0,2% e quella non salariale un -2,1% – la contrazione del costo del lavoro è quasi completamente attribuibile agli sgravi contributivi presenti nella legge di stabilità 2015.
Si tratta comunque di un passo importante se si considera che recenti stime dell'Ocse (riferite al 2014) collocavano l'Italia al sesto posto per il prelievo fiscale sui salari. Nel nostro Paese il cuneo fiscale la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta percepita dal lavoratore, in altre parole la somma delle imposte che pesano sul costo del lavoro), si attestava infatti al 48,2% contro il 36% della media dell'area (rapporto Taxing Wages).