Le pmi pagano tariffe più alte rispetto alla media europea, questo potrebbe danneggiarne la competitività
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Il computo è di Federconsumatori: nel 2014 gli italiani spenderanno 1.750 euro per gas ed energia elettrica. Ben 609 euro in più rispetto al 2000. La spesa energetica è quindi cresciuta nel corso degli ultimi anni, a farne le spese non sono stati soltanto i consumatori bensì anche le imprese. Principalmente quelle di piccole e medie dimensioni.
Le piccole e medie imprese italiane, che rappresentano buona parte del tessuto produttivo del nostro Paese, pagano il 30% in più rispetto al prezzo medio europeo. Secondo i dati Eurostat relativi al primo semestre del 2013, per consumi tra 500 e 2mila MWh/anno le tariffe italiane sono pari infatti a 0,1951 c/kWh (-4% rispetto a quelle tedeschi). Meglio va alle imprese energivore, che godono di importanti sgravi fiscale, e alle famiglie.
Le prime sono inserite nella fascia di consumo tra 70mila MWh/anno e 150mila MWh/anno, dove il prezzo dell'elettricità in Italia è inferiore del 15% a quello tedesco (0,1234 c/kWh contro 0,1449 c/kWh, stando ai dati Eurostat primo semestre 2013). Discorso simile nella fascia di consumo fino a 2.500 kwh/anno, quella tipica delle famiglie. Anche in questo caso il costo dell'elettricità è in media con quello europeo (0,20 c/kWh) e inferiore a quello tedesco (0,31 c/kWh).
Quanto incide l'approvvigionamento energetico sui conti delle imprese italiane? Secondo l'ANIE (la Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche aderente a Confindustria), nonostante tariffe più alte rispetto a quelle europee, il costo dell'energia supera il 3% del fatturato aziendale solo per il 3,8% delle aziende nostrane. Per due imprese su dieci (19,2%) incide meno dello 0,1% e per il 50% non arriva allo 0,5%.
Nonostante il prezzo sia in media con quello dei partner Ue, le famiglie italiane hanno dovuto fare i conti con bollette sempre più care. Rispetto a dieci anni fa il costo di quest'ultime è infatti cresciuto del 39,2%, secondo un recente calcolo del Codacons. Alle famiglie italiane è stato così chiesto di spendere 470 euro in più (188 euro in più per la luce e 282 euro in più per il gas). Soldi sborsati per soddisfare tutte le voci di spesa: imposte, servizi di rete e servizi di vendita.
Servizi di vendita che, oltre a rappresentare il costo maggiore, coprono tutti i servizi e le attività svolte dal fornitore per acquistare l'energia e poi rivenderla. I servizi di rete, per i quali si paga una tariffa fissata dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico sulla base di indicatori uniformi a tutto il Paese, comprendono le attività di trasporto dell'energia sulle reti di trasmissione nazionale e di distruzione locale fino a comprendono anche la gestione del contatore.
Discorso imposte: oltre all'IVA, che per i clienti domestici è al 10%, i consumatori pagano anche l'accisa – ovvero l'imposta nazionale erariale di consumo – che si applica alla quantità di energia consumata, senza tener conto del venditore e delle tariffe del contratto stipulato con quest'ultimo.
Imposte che, anche di fronte ad un calo del costo dell'energia come quello registrato nel terzo trimestre del 2014, non hanno permesso alle piccole medie imprese di trarne beneficio. Gli oneri di sistema, di dispacciamento e le tasse hanno infatti annullato fino al 12% del risparmio, stando ad una rilevazione realizzata dalla Camera di Commercio di Milano con il contributo del REF Ricerche.
Ridurre il consumo di energia, e con quest'ultimo anche la spesa, sarebbe comunque possibile. Come? Migliorando l'efficienza energetica degli edifici sparsi sul nostro territorio. La maggior parte dei quali (il 70%) richiede il 36% dei consumi energetici complessivi italiani, secondo quanto emerso qualche giorno fa nel corso del Comfort Technology Roadshow organizzato da MCE - Mostra Convegno Expocomfort - la manifestazione internazionale biennale rivolta ai settori dell'impiantistica civile e industriale, della climatizzazione e delle energie rinnovabili. Sette edifici su dieci sono stati costruiti infatti precedentemente all'introduzione di una qualsiasi norma che ne regolasse l'efficienza energetica. In quanto ad emissioni medie di Co2 da edifici, l'Italia è così al primo posto in Europa.
La messa in norma degli edifici non gioverebbe soltanto all'ambiente, sostiene Giuliano Dall'O', professore associato presso il Politecnico di Milano. Effetti positivi si ripercuoterebbero anche sul Prodotto interno lordo, che crescerebbe tra il 2 e il 4%, e il numero degli occupati: 460 mila posti di lavoro in più entro il 2020.