Le turbolenze finanziarie dei mercati asiatici potrebbero mettere a dura prova la stabilità economica mondiale
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La ripresa potrebbe essere messa a dura prova dall'andamento delle economie emergenti. A sottolinearlo è stato in questi giorni il Fondo monetario internazionale, che non a caso ha tagliato le sue previsioni di crescita globale.
Già quest'anno, ma anche il prossimo, la crescita mondiale dovrebbe essere inferiore alle attese iniziali, nello specifico rispettivamente del 3,1% (in calo dal 3,4% registrato nel 2014) e del 3,6%. Dunque l'espansione, definita dal Fmi "modesta”, pare stia risentendo delle turbolenze finanziarie che hanno investito di recente la Cina e i mercati asiatici. Possibili ripercussioni anche in Europa e in America?
Al momento non sembrano esserci elementi che facciano temere il peggio: gli Stati Uniti stanno vivendo una fase di consolidata ripresa e per queste ragioni si attende un rialzo dei tassi d'interesse da parte della Fed, decisione che intanto ha rinviato proprio a causa dell'incertezza globale. Al contrario, nell'Eurozona, si cominciano a vedere i primi frutti delle politiche monetarie espansive della Bce che, complice poi il crollo del prezzo del petrolio, favoriscono le imprese export oriented.
La crisi cinese di questa estate ha avuto un "effetto contagio” tra i vicini emergenti, ma anche – sebbene in maniera più contenuta – tra i paesi europei. In Germania le esportazioni hanno subìto ad agosto un brusco calo del 5,2% rispetto al mese precedente, segnando la diminuzione più consistente da gennaio 2009 (giù anche le importazioni, -3,1%, mentre a luglio si era registrata una crescita del 2,3%; il surplus commerciale scende così a 19,6 miliardi di euro da 22,4 miliardi).
Questo dato, sommato alla flessione della produzione industriale, è il sintomo di una economia che sta risentendo della debolezza della domanda proveniente dalle economie emergenti (e in particolare proprio da Cina e Russia).
In definitiva si è di fronte ad un paradosso: i paesi emergenti, quelli esportatori di materie prime e i Bric (ovvero Brasile, Russia, Cina, con parziale eccezione dell'India) stanno evidenziando difficoltà, rallentando di fatto la crescita globale. I miglioramenti dell'Eurozona, a ritmi lenti e quindi ancora troppo deboli, non sembrano compensare il "crollo" delle aree considerate.
Tra gli emergenti, la Cina in particolare, dopo anni di elevata crescita, sta sperimentando un nuovo modello, volto ora a premiare più i consumi interni che le esportazioni, autentico traino per Pechino in questi anni di espansione economica. Secondo l'agenzia Fitch l'economia cinese rallenterà ancora nel 2016, con il Pil che crescerà del 6,3% (dal 6,8% del 2015). Nel 2017 la crescita potrebbe frenare ulteriormente (5,5%).