magazzini stipati di bottiglie negli interporti

Vino, si ferma l'export italiano verso gli Usa: la minaccia dei dazi al 200% mette paura

Da giorni magazzini degli interporti stipati e container sulle banchine bloccati con i loro carichi di bottiglie, in attesa delle normative che spieghino se le merci in transito all'entrata delle misure trumpiane subiranno surplus all'arrivo

29 Mar 2025 - 09:53
 © Ansa

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"Ci sono documenti ufficiali delle società di importatori americani che consigliano di bloccare completamente le importazioni, non solo di vini italiani ma di vini europei, in attesa di sapere come sarà definita la norma del 14 aprile, che dovrebbe chiarire se i dazi Usa si applicano sulle merci già spedite. Così oggi l'export verso gli Stati Uniti è bloccato". L'allarme dell'Unione Vini è realtà e si materializza non solo con spedizioni ferme e ordini congelati in partenza negli uffici, ma con un più forte impatto visivo. Le bottiglie, infatti, viaggiano solo via mare e ora i magazzini degli interporti sono stipati, mentre i container restano parcheggiati sulle banchine perché non saliranno più a bordo delle navi cargo. Ecco le conseguenze dei dazi Usa - del 200% su vini e alcol - in via di applicazione dal 2 aprile.

Effetto Trump sul vino, dunque, che si ripercuote in anticipo su questo settore che negli Usa vale due miliardi di euro, con una quota del 24% sul totale delle spedizioni mondiali del settore. I container di bottiglie sono, dunque, da giorni bloccati nei porti italiani per i grandi timori sull'entrata in vigore dei tanto annunciati dazi Usa del 200% su vini e liquori europei dal 2 aprile. Per quella data, le bottiglie spedite oggi non sarebbero ancora arrivate o sdoganate sulla East Coast, con la conseguenza di porre il pagamento degli eventuali dazi a carico dell’importatore.

"I dazi sono già applicati anche se non esistono, perché le esportazioni sono bloccate, gli importatori americani hanno bloccato l'import dei nostri vini temendo di dover farsi carico loro del dazio perché non c'è una norma che quantomeno adesso escluda dai dazi i prodotti che sono in transito", spiega Paolo Castelletti, direttore generale Unione italiana Vini. "Quindi nel momento in cui fossero daziati anche i prodotti in transito, a quel punto il dazio ricadrebbe sull'importatore: questo vorrebbe dire sostanzialmente fallire", sottolinea.

I consorzi scrivono al ministro Lollobrigida

 Con il vino bloccato al nastro di partenza, ai tre consorzi di tutela del Prosecco, tra i più grandi esportatori di vino negli Usa con quasi 150 milioni di bottiglie, non è rimasto che prendere carta e penna e scrivere una lettera congiunta al ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, chiedendo un intervento del governo. Lo stesso hanno fatto, insieme, i consorzi del Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Bolgheri e Barolo; mentre si è mosso da solo il consorzio del Chianti, come riporta Il Sole 24 Ore.

Vengono così denunciati, nero su bianco, danni economici e, in prospettiva, anche occupazionali. Il problema, fanno sapere gli operatori, è che almeno fino a metà aprile la situazione sarà questa, se nella lista, ora congelata dall'Ue fino al 13 aprile, rimane il whisky americano con rischio ritorsione di Trump al 200% anche per i vini. E gli importatori, come detto, hanno paura di fare ordini col rischio di dover accollarsi all'arrivo questo surplus.

Piano di Bruxelles contro il surplus di Trump

 La Commissione europea, intanto, ha presentato una proposta legislativa che modifica tre regolamenti riguardanti il settore vitivinicolo dell'Ue, con nuove misure nel quadro della Politica agricola comune (Pac) volte a garantire la competitività e la vitalità di questo settore nei prossimi anni, di fronte a tre diverse sfide che deve affrontare: le nuove tendenze che si stanno affermando tra i consumatori, con un calo della domanda di vino che va avanti ormai da cinque anni, i cambiamenti climatici, e le incertezze del mercato, già presenti negli anni scorsi ma che sono diventate ora particolarmente preoccupanti dopo l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e le minacce di una guerra dei dazi.

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