La precisazione del Ministero dello Sviluppo economico. La sanzione era stata abolita dalla "legge Bersani". Le associazioni dei consumatori deluse: "Liberalizzazioni flop"
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Il ddl concorrenza "non prevede in alcun modo la reintroduzione di penali per chi recede dai contratti di abbonamento a telefoni fissi e mobili, internet o a pay-tv". Lo precisa il Ministero dello Sviluppo economico dopo alcune indiscrezioni stampa. La sanzione era stata abolita dalla "legge Bersani". Le associazioni dei consumatori avevao protestato.
"La norma - spiega il ministero - non cambia le disposizioni generali in materia di recesso anticipato dai contratti di telefonia, internet e tv, ma disciplina i costi di uscita dalle sole promozioni relativi ai medesimi servizi (come l'uso di uno smartphone o le partite di calcio gratuite)".
Con la "legge 40" del 2007, la cosiddetta legge Bersani, che è tutt'ora in vigore, gli eventuali costi per i consumatori che cambiano gestore si limitano a quelli di disattivazione. Secondo quanto spiegato da Altroconsumo, se nell'iter affinché diventi legge il ddl non subirà modifiche "l'operatore può far pesare sulla fine anticipata del contratto, che non può essere superiore ai 24 mesi, l'investimento in marketing per promuovere l'offerta".
Le associazioni dei consumatori deluse: "Liberalizzazioni flop" - Le liberalizzazioni del ddl concorrenza quindi rischiano di portare più costi per i consumatori. Lo evidenziano le associazioni che esprimono delusione e criticano diverse novità contenute nel provvedimento. Oltre alla reintroduzione della penale sulla telefonia anche l'addio al mercato tutelato dell'energia, che "rischia fortemente di essere esclusivamente un regalo" alle aziende, avvertono Adusbef e Federconsumatori. E l'Unione nazionale dei consumatori fa notare che, secondo i dati dell'Authority, chi è passato al mercato libero ha pagato prezzi superiori del 15-20% rispetto a quello tutelato.
Non convince neanche il provvedimento sull'rc auto - Introduce uno sconto sulle tariffe assicurative per chi installa la scatola nera sulla propria vettura: "Rischia però di tramutarsi in una colossale bufala per i cittadini e di determinare costi ben più elevati degli sconti promessi", avverte il Codacons. Adusbef e Federconsumatori avvertono inoltre che la norma sulla messa in discussione dei risarcimenti per lesioni alla persona, se attuata, realizzerebbe un forte taglio ai costi alle compagnie a tutto danno degli assicurati.
Risparmi mancati sul fronte farmaceutico - Nel ddl è stata infatti stralciata la norma sulla liberalizzazione della vendita di farmaci di fascia C fuori dalle farmacie e questo - calcola Federconsumatori - avrebbe permesso risparmi per circa 42 euro annui a famiglia.
Colpo di grazia ai fondi pensione - La norma sulla portabilità dei contributi pensionistici, avverte il leader Cisl Annamaria Furlan, è un colpo di grazia ai fondi pensione contrattuali e "un grande regalo a banche e assicurazioni". Ed è rischio caos per le norme sui notai: il ddl "tende alla distruzione progressiva di un sistema che attualmente funziona perfettamente, dà certezze e sicurezza ai cittadini", avvertono i giovani notai, evidenziando il rischio che questa fetta di mercato vada in mano ai poteri forti che organizzerebbero i servizi legali e professionali in stile 'centro commerciale'.
La Cgia di Mestre ha affermato inoltre che i prezzi e le tariffe sono aumentati in misura maggiore dell'inflazione nei settori che negli ultimi 20 anni sono stati interessati dal processo di apertura alla concorrenza (fatta eccezione delle telefonia e dei medicinali). Nel campo delle assicurazioni sui mezzi di trasporto dal 1994 a oggi, le tariffe sono aumentate del 189,3%; nei servizi bancari/finanziari le tariffe sono cresciute del 115,6 per cento. Anche i trasporti aerei hanno fatto segnare un incremento tra il 1997 ed il 2014 del 71,7 per cento e i pedaggi autostradali in 15 anni del 69,9 per cento. Dal 2000, anche il settore del trasporto ferroviario e' stato aperto alle aziende private: i prezzi dei biglietti sono aumentati mediamente del 58,3 per cento, a fronte di un incremento dell'inflazione del 33,1. A partire dal 2003, anno in cui ebbe inizio il processo di liberalizzazione, il settore del gas ha subito un ritocco all'insu' del prezzo medio del 43,2 per cento.