L'intervento dell'ex premier al Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research di Parigi
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"Se l'Ue continuerà a registrare il tasso medio di crescita della produttività del lavoro dal 2015, dato l'invecchiamento della nostra società, tra 25 anni l'economia avrà le stesse dimensioni di oggi". Lo ha detto Mario Draghi a Parigi al Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research. "Ciò significa un futuro di entrate fiscali stagnanti e di avanzi di bilancio per evitare che il rapporto debito/Pil aumenti", ha aggiunto.
Da Parigi Mario Draghi lancia un vero e proprio appello all'Europa, suggerisce alcune idee e torna a sottolineare alcuni dei punti del suo rapporto sulla competitività. Proposte che la nuova Commissione Von der Leyen ha promesso attuare nel suo mandato, perlomeno nei suoi pilastri principali.
Dalla presentazione del rapporto peraltro lo scenario mondiale è cambiato con la vittoria di Donald Trump e una debolezza politica e istituzionale dei due grandi pivot, Francia e Germania. "Il rallentamento" dell'economia cinese dove le aziende locali sono inoltre più competitive "ha aumentato la dipendenza" dell'Europa "dal mercato statunitense sottolinea nel suo discorso di Parigi Draghi. "Ma la nuova amministrazione statunitense sembra poco disposta a fungere da acquirente di ultima istanza per noi. Dovremo confrontarci con una strategia deliberata degli Stati Uniti per riequilibrare la domanda globale e ridurre i surplus commerciali dei suoi principali partner".
Da qui la necessità ancora più urgente che l'Unione insista sul mercato unico europeo e quello dei capitali, ancora al palo, per reperire quelle risorse necessarie, calcolate dalla Bce e la Ue in 800 miliardi di euro ad affrontare le transizioni e la difesa con la collaborazione pubblico/privata. Riforme quindi diverse da quelle di dieci anni quando le parole d'ordine erano flessibilità del lavoro e compressione dei salari. Ora piuttosto, spiega, "occorre riqualificare le persone". "Ma sappiamo - aggiunge - che ci vorrà tempo prima che tali riforme producano risultati. Pertanto, dovremmo anche riflettere su come utilizzare in modo più efficiente le politiche macroeconomiche nel frattempo".
Draghi ricorda che se "l'Ue emettesse debito comune, potrebbe creare ulteriore spazio fiscale da utilizzare per limitare i periodi di crescita al di sotto del potenziale". Non è una questione solo di resistenza da parte di diversi Paesi all'idea. Per l'ex presidente Bce e premier "non possiamo intraprendere questa strada a meno che i cambiamenti nella struttura dei mercati non siano già in corso, in modo da aumentare i tassi di crescita potenziale nel medio termine." Senza il debito comune gli Stati dovrebbero quindi modificare la loro spesa aumentando gli investimenti e "migliorare la coordinazione tra loro". E qui suggerisce una strada: "la cosa più importante è che sfruttare lo spazio fiscale all'interno delle nuove regole fiscali dell'Ue creerebbe un ampio margine per aumentare gli investimenti. La Bce stima che, se tutti i paesi sfruttassero appieno il periodo di aggiustamento di sette anni, sarebbero disponibili 700 miliardi di euro aggiuntivi per gli investimenti - una quota significativa del fabbisogno di investimenti pubblici richiesto."