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Draghi: "In Ue serve il doppio degli investimenti del Piano Marshall" | "L'Europa agisca o sarà una lenta agonia"

"L'Europa ha bisogno di un titolo di debito pubblico comune", si legge nel rapporto sul rilancio della crescita economica in cui si chiedono risorse "come negli anni '60-'70"

09 Set 2024 - 21:29

Nel rapporto sulla competitività presentato a Bruxelles, Mario Draghi indica che "il fabbisogno finanziario necessario all'Ue per raggiungere i suoi obiettivi è enorme". E per raggiungere tali obiettivi "sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell'Ue nel 2023", scrive l'ex premier. "Per fare un paragone - si legge ancora nel report - gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all'1-2% del Pil dell'Ue". "L'Europa agisca o sarà una lenta agonia", il suo monito.

"Servono 800 miliardi di investimenti"

  "Le famiglie dell'Ue forniscono ampi risparmi per finanziare maggiori investimenti, ma al momento questi risparmi non vengono incanalati in modo efficiente in investimenti produttivi. Nel 2022, i risparmi delle famiglie dell'Ue erano pari a 1.390 miliardi di euro rispetto agli 840 miliardi di euro degli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante i loro maggiori risparmi, le famiglie dell'Ue hanno una ricchezza notevolmente inferiore rispetto alle loro controparti statunitensi, in gran parte a causa dei rendimenti inferiori che ricevono dai mercati finanziari sui loro asset in portafoglio", si legge.

"L'Ue può soddisfare queste esigenze di investimento senza sovraccaricare le risorse dell'economia europea, ma il settore privato avrà bisogno del sostegno pubblico per finanziare il piano. La Commissione europea e il dipartimento di ricerca del Fmi hanno simulato scenari di una spinta sostenuta agli investimenti dell'UE pari a circa il 5% del Pil, utilizzando i loro modelli multi-paese. I risultati suggeriscono che investimenti di questa portata aumenterebbero la produzione di circa il 6% entro 15 anni - sottolinea il rapporto -. Poiché l'offerta si adegua più gradualmente della domanda, poiché l'accumulo di capitale aggiuntivo richiede tempo, la fase di transizione implica alcune pressioni inflazionistiche, ma queste pressioni si dissipano nel tempo. Sbloccare gli investimenti sarà una sfida. Storicamente in Europa, circa quattro quinti degli investimenti produttivi sono stati intrapresi dal settore privato e il restante quinto dal settore pubblico".

"Investimenti come negli anni '60-'70"

  "L'Ue sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall'aumento della popolazione, ma per decarbonizzare e digitalizzare l'economia servirà un aumento di investimenti del 5 per cento del Pil, come negli anni '60-'70", ricorda Draghi. "Entro il 2040, si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di unita' all'anno. Dovremo puntare maggiormente sulla produttività per guidare la crescita. Se l'Ue dovesse mantenere il suo tasso medio di crescita della produttività dal 2015, sarebbe sufficiente solamente a mantenere il Pil costante fino al 2050, in un momento in cui l'Ue si trova ad affrontare una serie di nuovi investimenti che dovranno essere finanziati attraverso una crescita più elevata", secondo Draghi.

"Saremo costretti a scegliere"

  "Se l'Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non saremo in grado di diventare contemporaneamente leader nelle nuove tecnologie, faro della responsabilità climatica e attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni. È una sfida esistenziale", osserva l'ex premier.

"L'Ue ha bisogno di un titolo di debito pubblico comune"

  Tra le proposte dell'ex presidente Bce, c'è anche emettere Eurobond. "L'Unione europea ha bisogno di un titolo di debito pubblico comune. Serve un asset sicuro comune? La risposta è sì. Sapete tutti come la penso: è uno strumento funzionale per raggiungere i nostri obiettivi".  Su questo "serve una valutazione comune su quali siano i pericoli e le ricadute. E questo è un ambito in cui i Paesi membri devono mettersi d`accordo".

"L'Europa agisca o sarà una lenta agonia"

  Il destino che l'Europa si trova di fronte nel caso in cui non intervenga adeguatamente è quello di "una lenta agonia".A chi gli chiedeva se l'Ue fosse di fonte a una situazione del tipo "agisci o muori", "non è un momento fai così o muori: è un momento fai così oppure è una lenta agonia", la sua riposta. Draghi ha fatto l'esempio del reddito reale disponibile delle famiglie, che negli ultimi 15-20 anni negli Usa è cresciuto due volte rispetto all'Europa. "Potrei andare avanti su diverse metriche. Sarà una lenta agonia saremo una società che con l'invecchiamento fondamentalmente si restringe. Ma l`impressione di una morte immediata è nascosta dal fatto che questa torta che si restringe - osserva - si divide tra sempre meno persone". E solo quando si va su questioni importanti si ha una maggiore percezione del problema".

"Procrastinare non aumenta il consenso"

  Draghi lancia poi un avvertimento.  "Dovremmo abbandonare l'illusione che solo la procrastinazione possa preservare il consenso. In realtà, procrastinare ha prodotto solo una crescita più lenta, e di certo non ha ottenuto più consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza un'azione, dovremo o compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà". 

"Affinché la strategia delineata in questo rapporto abbia successo, dobbiamo iniziare con una valutazione comune della nostra situazione, degli obiettivi e della valutazione comune della nostra situazione, degli obiettivi a cui vogliamo dare priorità, dei rischi che vogliamo evitare e dei compromessi che siamo disposti ad accettare. Dobbiamo garantire che le nostre istituzioni democraticamente elette siano al centro di questi dibattiti. Le riforme possono essere veramente ambiziose e sostenibili solo se godono del sostegno democratico", aggiunge l'ex presidente della Bce.

"Colmare il divario tecnologico con Cina e Stati Uniti"

 "Il problema non è che l'Europa manchi di idee o di ambizione. Abbiamo molti ricercatori e imprenditori di talento che depositano brevetti. Ma l'innovazione è bloccata nella fase successiva: non riusciamo a tradurre l'innovazione in commercializzazione e le aziende innovative che vogliono crescere in Europa sono ostacolate in ogni fase da normative incoerenti e restrittive - osserva ancora Draghi - . Di conseguenza, molti imprenditori europei preferiscono chiedere finanziamenti ai venture capitalist statunitensi e scalare sul mercato Usa. Tra il 2008 e il 2021, quasi il 30 per cento degli 'unicorni' fondati in Europa - startup che hanno superato il miliardo di dollari di valore - ha trasferito la propria sede all'estero, la maggior parte negli Stati Uniti. Con il mondo in procinto di una rivoluzione dell'intelligenza artificiale, l'Europa non può permettersi di rimanere bloccata nelle 'tecnologie e industrie di mezzo' del secolo scorso. Dobbiamo sbloccare il nostro potenziale innovativo. Questo sara' fondamentale non solo per essere leader nelle nuove tecnologie, ma anche per integrare l'IA nelle nostre industrie esistenti in modo che possano rimanere all'avanguardia", continua la prefazione.

"Una parte centrale di questa agenda consisterà nel fornire agli europei le competenze necessarie per trarre vantaggio dalle nuove tecnologie, in modo che tecnologia e inclusione sociale vadano di pari passo. Se da un lato l'Europa deve puntare a eguagliare gli Stati Uniti in termini di innovazione, dall'altro deve puntare a superare gli Stati Uniti nell'offrire opportunità di istruzione e di apprendimento agli adulti e buoni posti di lavoro a tutti per tutta la vita", evidenzia Draghi nel documento.

Le proposte del Rapporto sono attuabili subito"

  Draghi ricorda poi che le sue non sono proposte  da attuare in un tempo indefinito e senza scadenza, ma che sono attuabili da subito. "L'unico consiglio che diamo sulla politica della competitività è che bisogna tener conto di innovazione e resilienza. Abbiamo proposto di smetterla con l'esenzione agli aiuti di Stato che devono essere utilizzati per progetti comuni".

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