Nel 2015 il valore del commercio italiano tramite dispositivi mobili è aumento del 64%, arrivando a toccare gli 1,7 miliardi di euro
© dal-web
Continua a crescere il valore del commercio online tramite dispositivi mobili. Secondo l'Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano il valore delle vendite tramite smartphone avrebbe raggiunto il 10% del totale del commercio elettronico italiano nel 2015, mettendo a segno un +64% rispetto al 2014 e arrivando a toccare gli 1,7 miliardi di euro.
In effetti, la sempre più massiccia diffusione dei mobile, a discapito dei terminali più tradizionali (i computer, che hanno riportato un calo delle vendite del 10% nel 2015), sta dando il suo contributo anche alla stessa fruizione della rete: sono 22 milioni gli italiani di età compresa tra i 18 ed i 74 anni che ogni mese accedono alla rete mediante mobile. Senza contare che il 70% del tempo trascorso in rete giornalmente avviene tramite smartphone o tablet (dato che sale all'85% tra i giovani e che a si attesta al 50% tra i più grandi di età).
Un cambiamento che ha convolto anche il mondo dell'advertising (ovvero delle inserzioni pubblicitarie). Tra il 2014 ed il 2015 il valore del mobile advertising è cresciuto del 53%, toccando così i 462 milioni di euro: il 21% del valore dell'Internet Advertising e il 6% del totale del settore. Per fare un esempio basta guardare i recenti risultati finanziari del colosso Facebook. Per il noto social network le entrate dalla pubblicità mobile rappresentano ormai l'80% di tutte le entrate advertising.
Ad oggi si può ritenere un mobile shopper il 41% dei possessori di smartphone. Di questi il 60%, secondo lo studio del Polimi, utilizza il suo dispositivo per documentarsi su un prodotto e per trovare il punto vendita più adatto alle esigenze, il 40% utilizza lo smartphone all'interno del negozio e il 41% nella fase di post acquisto.
Nel 57% dei casi il mobile shopper utilizza il proprio dispositivo per acquisti legati al comparto dell'elettronica, il 53% per quelli di abbigliamento e accessori, mentre una quota più bassa, il 27%, per gli acquisti alimentari.