Per il governo valgono 1,2 miliardi. Ma secondo l'ANCI saranno molti di più
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Con la legge di Stabilità, il governo chiede agli enti locali un nuovo sacrificio: rinunciare a 1,2 miliardi di euro. Eppure secondo i calcoli dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) i tagli saranno molto più consistenti, arrivando a circa 3,7 miliardi. Una stima confermata anche dal ministero dell'Economia. Come mai tanta differenza?
Ai tagli riferiti dall'esecutivo e riportati dai media (1,2 miliardi) vanno aggiunti 300 milioni di spese derivanti dai provvedimenti del 2013 e del 2014 che ricadranno sull'esercizio 2015. C'è poi l'introduzione del nuovo sistema di contabilità che partirà dal 1° gennaio 2015, ha spiegato il sindaco di Torino e presidente dell'ANCI Piero Fassino. Il tutto va sommato al mancato rifinanziamento del patto di stabilità verticale - ovvero quando gli enti locali ricevono dalla Regione spazi finanziari da utilizzare per le spese di loro competenza – al divieto di utilizzo sulla spesa corrente degli oneri di urbanizzazione (gli oneri da versare ai Comuni per ottenere il permesso di costruire, in pratica) e quello di utilizzo degli avanzi di bilancio vincolati, senza scordare il taglio per un miliardo di euro imposto alle Province e alle città metropolitane (Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia).
Il governo chiede quindi agli enti locali di fare a meno di una quantità consistente di denaro. Tutto questo a distanza di pochi mesi dall'introduzione del bonus fiscale da 80 euro, istituito con la legge 89 del 2014, la cui copertura per i prossimi tre anni verrà garantita anche dai tagli alle amministrazioni comunali per oltre due miliardi di euro (articolo 47 comma 8). Comuni che, assieme a Regioni e Province, hanno cercato di sopperire alla riduzione dei budget imposta negli ultimi anni dagli esecutivi (31 miliardi tra il 2009 e il 2012), anche aumentando le aliquote dei propri contributi. Secondo quanto riferito dalla Corte dei Conti, la crescita della pressione fiscale complessiva – passata tra il 1990 e il 2012 dal 38% al 44% - è riconducibile per 4/5 alla maggiorazione delle imposte locali.
Comuni, Regioni e Province non sono tuttavia gli unici ad aver espresso qualche dubbio sulla manovra approvata dal governo. Secondo le stime dell'ISTAT, nel biennio 2015-2016 i provvedimenti adottati avranno un effetto nullo sull'economia del Paese, destinata a crescere nel prossimo anno dello 0,5%, e sulla pressione fiscale: il taglio delle tasse e l'introduzione degli sgravi fiscali, previsti dalla legge di Stabilità, saranno infatti attenuati/compensati dall'inasprimento dell'imposizione indiretta (IVA e accise) previsto dalle clausole di salvaguardia.