In audizione all’Europarlamento il presidente Mario Draghi ha parlato di una ripresa economica ormai solida per l’area, ribadendo però l’importanza del mantenimento del Quantitative easing
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L’economia dell’Eurozona ha ancora bisogno degli “strumenti” messi in campo dalla Banca centrale europea. Nonostante la risalita economica dell’area, infatti, l’inflazione si è ripresa “solo moderatamente” negli ultimi mesi. È questo, in sostanza, il punto saliente del discorso tenuto dal presidente della Bce, Mario Draghi, nel corso dell’audizione alla commissione Econ dell’Europarlamento a Bruxelles.
Insomma, la ripresa c’è e il rischio deflazione ormai è alle spalle, ma le dinamiche inflazionistiche non hanno ancora raggiunto la robustezza sperata. "L'inflazione complessiva - ha spiegato Draghi -, che è stata dell'1,5% in agosto, è prevista declinare temporaneamente sul finire dell'anno, guidata principalmente dagli effetti di base nella componente energetica. In seguito è previsto che si riprenda in modo graduale, raggiungendo l'1,5% nel 2019, secondo le proiezioni della Bce".
Rimangono quindi ancora un po’ distanti i livelli auspicati dal Direttivo della Banca centrale per procedere ad una riduzione del Quantitative easing: vicini, ma non superiori, al 2% in tutti i Paesi dell’area. Ad agosto, tale livello è stato raggiunto soltanto da Germania (1,8%), Belgio, Spagna (entrambe con il 2%), mentre nella media dell’Unione europea si attesta all'1,7%, ma nella maggior parte dei Paesi gravita attorno o al di sotto dell’1,5% (Irlanda e Cipro registrano il dato più basso rispettivamente allo 0,4% e allo 0,5%) o al di sopra del 2,1% (Estonia 4,2% e Lituania 4,6%, ad esempio).
Anche nel nostro Paese l’inflazione si presenta ancora al di sotto dell'obiettivo fissato. Ad agosto il dato acquisito per il 2017 si è attestato all’1,4%, registrando una crescita mensile dei prezzi al consumo dello 0,3% sul mese di luglio (quando l’inflazione acquisita sui era attestata all’1,2%) e dell’1,2% sullo stesso mese di un anno fa.
A preoccupare, però, è soprattutto l’inflazione di fondo, ovvero quella calcolata al netto delle componenti più volatili (come l’energia e gli alimentari non lavorati), per la quale il dato acquisito si è fermato al +1% nel nostro Paese.