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Evergrande, la storia e la crisi del colosso cinese che spaventa i mercati mondiali

Una delle più grandi società immobiliari della Cina rischia di diventare la Lehman Brothers di Pechino. Dalle origini al debito di 305 miliardi di dollari all'allarme sui mercati finanziari: tutto quello che c'è da sapere

24 Set 2021 - 13:01
 © Ansa

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E' stata ribattezzata la Lehman Brothers cinese. E, in effetti, gli accostamenti tra il più grande fallimento finanziario della storia ed Evergrande non sono pochi. Una delle più grandi società immobiliari della Cina, infatti, è a rischio default facendo tremare i mercati della grande finanza proprio come nel 2008.

La storia di Evergrande - Il colosso cinese è stato fondato da Xu Jiayin (o Hui Ka Yan). Classe 1958, nasce in una famiglia poverissima. Il suo riscatto arriva grazie a una borsa di studio che gli permette di frequentare la facoltà di ingegneria all'università, rincorrendo il sogno della ricchezza. Nel 1996 fonda la sua società, Henga, della quale presto cambierà il nome in Evergrande. Obiettivo della società è fornire le case ai tanti operai che si spostano dalla campagna in città. Ben presto Xu Jiayin diventa il re dei costruttori di Canton e l'uomo più ricco della Cina. Negli anni successivi, diversifica il suo impero, passando dall'edilizia a investimenti in veicoli elettrici, sport, cibo e perfino parchi tematici. Evergrande diventa una delle società più forti al mondo, apre una sede a Shenzhen, nel sud della Cina con circa 200mila impiegati e si quota a Hong Kong. Ma la sua gloria è destinata a durare poco.

La crisi - Evergrande, indebitata per finanziare le sue attività, non riesce più pagare fornitori e stipendi. Tutto si ferma. La costruzione di proprietà incompiute, con una superficie sufficiente a coprire i tre quarti di Manhattan si è fermata, lasciando più  di un milione di acquirenti di case nel limbo. La fuga dall'immobiliare, già  in cattive acque, sta schiacciando altri sviluppatori e creando tensioni sulla catena degli approvvigionamenti che rappresenta oltre un quarto della produzione economica cinese. Molti fornitori di Evergrande, pagati non in contanti ma con carta commerciale, hanno difficoltà  a monetizzare e sono preoccupati per la propria solvibilità e liquidita. La diffidenza verso questi strumenti ha fatto aumentare le tensioni sulla liquidità: nei giorni scorsi la Banca centrale cinese è  stata costretta a immettere sui mercati 14 miliardi di dollari. Gli analisti hanno notato che se Evergrande, con più  di 1.300 progetti immobiliari in oltre 280 città, dovesse crollare, annullerebbe l'idea che alcune aziende cinesi siano troppo grandi per fallire. 

Evergrande, la crisi del colosso cinese in numeri

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Debiti per 305 miliardi di dollari  - Con debiti per 2.000 miliardi di yuan (305 miliardi di dollari), Evergrande è la società di sviluppo immobiliare più indebitata della Cina.  Il Financial Times rivela che Evergrande ha ammesso di aver utilizzato miliardi di euro raccolti attraverso prodotti finanziari venduti agli investitori retail per finanziare i suoi debiti e per ripagare gli investimenti più importanti. Il colosso cinese ha sempre fatto largo uso di questi prodotti, incitando gli acquirenti di case a sottoscriverli. I manager del gruppo sollecitavano i loro subordinati a investire e a volte i fornitori ricevevano questi titoli in sostituzione dei pagamenti cash.

I problemi del gruppo di Shenzhen, poi, si sono deteriorati rapidamente da maggio fino a causare perdite pari all'80% circa del valore delle sue azioni e obbligazioni. La società si trova ora a dover fronteggiare la scadenza del pagamento di una tranche da 83,5 milioni di dollari con tante incognite sui passi successivi, parte della maxi-cedola da 669 milioni da saldare entro fine 2022. Il ministero dell' Edilizia abitativa e dello Sviluppo urbano-rurale ha già  detto alle principali banche che la società  non potrà  "effettuare il pagamento degli interessi sui prestiti". Mentre le proteste si intensificano negli uffici in tutto il Paese: la compagnia è ancora più  indietro rispetto alle promesse fatte a oltre 70.000 investitori. E la società ha già detto di rischiare il default senza nuova e immediata liquidità. Il problema di Evergrande, del resto, non è nuovo in Cina: nel 2020 il default ha colpito diverse società cinesi che non riuscivano a pagare i prestiti richiesti. 

Il post di Hu Xijin che ha scatenato il panico - Il 17 settembre  alla Borsa di Hong Kong (+1,03%, dopo 4 sedute di fila in calo), Evergrande ha vissuto un'altra seduta sull'ottovolante, arrivando a perdere il 13%, prima di recuperare quota e chiudere a -3,42%. E' bastato un post di Hu Xijin, direttore del tabloid Global Times nazionalista del Quotidiano del Popolo (la voce del Partito comunista), sul suo account privato sulla piattaforma WeChat per creare il panico. Evergrande, ha scritto Hu, "non dovrebbe scommettere sul salvataggio del governo in quanto si ritiene "troppo grande per fallire", ma usare i mezzi di mercato per salvarsi, malgrado i piani di ristrutturazione del debito appaiano alquanto complicati e difficili. Ha aggiunto di non vedere rischi sistemici e di non pensare che un fallimento di Evergrande possa innescare una tempesta finanziaria sistemica come quella negli Usa di Lehman Brothers del 2008. Una situazione difficile con il rischio di crescita del malcontento popolare in un momento politicamente sensibile visto il periodo di transizione per il presidente Xi Jinping e il congresso del Partito comunista di fine 2022 che dovrebbe affidargli un terzo mandato da segretario generale.

Evergrande a rischio default

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Sforzi per la ripresa ma resta l'allarme -  Evergrande ha promesso la "priorità assoluta" per aiutare gli investitori retail a riscattare i prodotti di investimento venduti, nonostante i 305 miliardi di dollari di debiti e la profonda crisi finanziaria. Il presidente e fondatore Hui Ka Yan, in una nota, ha assicurato che "l'azienda farà del suo meglio per riprendere il lavoro e la produzione", esortando "i dirigenti a garantire consegne di qualità", in merito agli asset immobiliari già  pagati e non ancora costruiti, completati o consegnati. L'ultima mossa della società del resto, ha contribuito a rinfrancare i mercati: il 24 settembre Evergrande annuncia di aver "risolto" per via negoziale il nodo del pagamento della cedola da 35,9 milioni di dollari su un bond domestico in yuan in scadenza oggi. Nessuna indicazione sugli altri interessi per 83,5 milioni dovuti sempre oggi per un altro bond, ma offshore e in dollari, e di cui non c'è  stata alcuna traccia nelle comunicazioni aziendali. La Borsa di Hong Kong ha chiuso con buoni guadagni (+1,19%) ed Evergrande, dopo un balzo a +32%, ha finito in volata a +17,62%, scatenando l'euforia del comparto immobiliare con il sottoindice Hang Seng Property Index in rialzo di quasi il 5%. Chinese Estates Holdings, secondo socio e investitore di lunga data, ha ceduto lo 0,82% di Evergrande con lo scopo di liquidare il residuo 5,6% per una perdita stimata in 1,2 miliardi di dollari, secondo un file alla Borsa di Hong Kong. Che le tensioni siano ancora forti lo conferma lo sforzo della Banca centrale cinese: ha varato un'altra iniezione di liquidità da 120 miliardi di yuan (18,5 miliardi di dollari) di reverse rep, con un saldo netto di 200 miliardi in due giorni.

Il ruolo centrale di Pechino - La questione di fondo è  sulla volontà di Pechino: vuole il presidente Xi Jinping intervenire per evitare turbolenze sociali dato che Evergrande ha almeno 1,5 milioni di case da consegnare e già  pagate e ha collocato 6 miliardi di dollari in prodotti di gestione patrimoniale ad alto rendimento a circa 80.000 investitori retail, inclusi i suoi dipendenti? Tra i timori di un salvataggio che possa creare un costoso precedente, Xi è  a un anno da un terzo mandato alla guida del Partito comunista cinese. Il mese scorso, Xi ha lanciato un'agenda di politica interna che si concentrerà  sulla "prosperità comune", la redistribuzione della ricchezza non compatibile con il salvataggio dell'impero di Hui, quinto uomo più  ricco del Paese. Il Wall Street Journal ha riferito che la Cina si prepara al collasso della società, con Pechino riluttante a salvare lo sviluppatore immobiliare più  indebitato del Paese e del mondo. Il governo ha chiesto ai funzionari locali nelle province di "prepararsi alla possibile tempesta", mentre le agenzie governative a livello locale e le imprese statali sono state incaricate di intervenire solo all'ultimo minuto nel caso in cui Evergrande "non riuscisse a gestire i propri affari in modo ordinato", ha riportato il Wsj citando persone a conoscenza dei piani. Per altro verso, invece, Bloomberg ha dato conto che i regolatori finanziari cinesi hanno emesso una serie di istruzioni per Evergrande, chiedendo di "concentrarsi sul completamento delle proprietà  incompiute e sul rimborso dei singoli investitori, evitando un'insolvenza a breve termine sulle obbligazioni in dollari". Indicazioni contrastanti a conferma della scarsa trasparenza e dell'incetezza, quando sembra esserci un impatto chiaro. Fitch Ratings, infatti, ha tagliato le stime 2021 sul Pil della Cina, all'8,1% dal precedente 8,4%, rilevando che "il principale fattore che pesa è  la frenata del settore immobiliare". Gli sforzi del governo per frenare il rialzo dei prezzi e l'eccessivo indebitamento societario hanno intaccato "gli investimenti residenziali che rappresentano direttamente circa il 10% del Pil", mentre "le attività  immobiliare hanno grandi ricadute su altri settori". Un default di Evergrande creerebbe altre pesantissime tensioni.

Gli attori finanziari coinvolti - Non solo Cina. La crisi di Evergrande riguarda molti Paesi perché tanti e diversi sono gli attori finanziari coinvolti. Nelle obbligazioni emesse sono legate l'inglese Ashmore (500 milioni di dollari), l'america BlackRock (400 milioni), la svizzera Ubs (300 milioni. E, poi, ancora, Hsbc, Fideuram, Intesa Sanpaolo e Mediobanca. 

Una nuova Lehman Brothers? -  Una situazione, questa, che a molti ha riportato alla mente - anche perché sempre di mattone si parla - la crisi dei mutui sumbprime che nel 2008 ha portato allo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti e al fallimento di Lehman Brothers, catena di eventi che diede il via alla grande recessione. E per questo il mondo sta guardando con grande attenzione - e non senza timori - agli sviluppi della crisi cinese. Secondo analisti e commentatori, però, le due situazioni sono profondamente diverse: sebbene i motivi alla base della crisi siano fondamentalmente gli stessi, il crac di Lehman Brothers fece dubitare tutto il mondo sulla solidità del sistema finanziario americano, mentre Evergrande, anche in caso di default, ha comunque attività (abitazioni e terreni) che i dati cinesi valutano in circa 1,4 trilioni di yuan (220 miliardi di dollari), e soprattutto il grado di coinvolgimento e di controllo del governo di Pechino nel settore immobiliare cinese è molto elevato, e ciò in qualche modo è una garanzia sulla tenuta dell'economia cinese, perché le autorità hanno tutto l'interesse nel mantenere la stabilità del mercato immobiliare.

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