La fotografia di Acciaierie d’Italia (ex Ilva)
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L'intenzione dell'esecutivo dopo mesi di trattative andate a vuoto con il colosso franco-indiano. Tramontata, dunque, la possibilità di rimanere in partnership
Sull'ex Ilva il governo è al lavoro per arrivare ad un accordo per un divorzio consensuale con ArcelorMittal ed evitare un lungo contenzioso legale. Lo hanno detto, secondo fonti sindacali, gli esponenti di governo al tavolo di confronto sull'ex Ilva a Palazzo Chigi. In particolare in queste ore sono al lavoro i legali dei due soci con l'intenzione di arrivare in tempi rapidi a soluzione consensuale ed evitare lungo contenzioso. Entro mercoledì si saprà se ci sono condizioni per l'intesa.
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Dopo mesi di trattative andate a vuoto tra il governo e il colosso franco-indiano, il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, nell'informativa in Senato sull'ex Ilva, annuncia un cambio di rotta, che potrebbe concretizzarsi appunto in un "divorzio consensuale". È questa infatti la strada che l'esecutivo ha prospettato ai leader di Fiom, Fim, Uilm, Uglm e Usb nel corso dell'incontro a Palazzo Chigi, come hanno riferito gli stessi metalmeccanici lasciando il tavolo. Il
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Il governo ha assicurato di lavorare "in modo serrato per definire il confronto con ArcelorMittal e procedere alacremente per individuare il percorso sul futuro dello stabilimento all'interno di un quadro chiaro e definito che ha come primo obiettivo la continuità produttiva dell'azienda", come si legge in una nota. In ogni caso, la data per trovare una soluzione di comune accordo con gli indiani è mercoledì 17 gennaio e il giorno dopo le tute blu saranno nuovamente a Palazzo Chigi per essere informate sull'esito del confronto tra i tecnici di Invitalia e di Mittal.
Tramontata, dunque, la possibilità di rimanere in partnership con Mittal che, come ha sottolineato lo stesso Urso, si è detta "disponibile ad accettare di scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l'intero onere finanziario sullo Stato ma nel contempo reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti", che prevedono una gestione condivisa tra soci al 50%. Patti per i quali accusa il governo Conte II: "Nessuno che abbia cura dell'interesse nazionale o che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe mai sottoscritto".
Ma l'inaffidabilità di Mittal era fatto noto, hanno ribadito i sindacati. "Abbiamo perso troppo tempo - dice il leader Uilm, Rocco Palombella - gli stabilimenti sono al collasso, la produzione è al limite storico, ci sono migliaia di lavoratori in cassa integrazione e un sistema degli appalti allo stremo. L'unica cosa certa ora è che indietro non si torna". Per quanto tardiva la decisione assunta dall'esecutivo è "importante", ha affermato il segretario Fim, Roberto Beglia, evidenziando che ora si deve garantire "il futuro di questi impianti e dei lavoratori dell'azienda". Il numero uno della Fiom, Michele De Palma: "È dura ed è complicato e adesso si apre un nuovo tema, la garanzia per il futuro dell'occupazione di tutti i lavoratori. A pagare il prezzo delle scelte sbagliate dei manager non possono essere i lavoratori". "Dispiace vedere che sull'ex Ilva si stia prendendo consapevolezza solo oggi", ricorda il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.