Nel 2015 il nostro paese ha esportato nei paesi maturi vicini oltre 200 miliardi di euro di manufatti, il 3,5% in più rispetto all'anno precedente
La flessione dell'export italiano a settembre è dipesa quasi interamente dalla diminuzione congiunturale verso i mercati europei (-3,3%), mentre Cina (+23,3%), Giappone (+18,2% )e Stati Uniti (+11,1%) hanno sostenuto il Made in Italy. L'andamento, tuttavia, non riflette quanto osservato negli ultimi tempi, pur in presenza di un ridimensionamento degli scambi di beni e servizi a livello mondiale.
In generale, da ormai un biennio come sottolinea Ice-Prometeia nell'ultimo rapporto dedicato al tema, i mercati dei paesi cosiddetti “maturi vicini” sperimentano una variazione positiva dei livelli di import, con una crescita registrata in particolare nel 2015 (che è l'ultimo anno storico osservato nello studio). Il contributo principale giunge proprio dall'area dell'euro (importazioni in rialzo di oltre sette punti), con Germania e Francia a trainare la crescita. Nello stesso anno l'Italia ha esportato nei paesi maturi vicini oltre 200 miliardi di euro di manufatti, circa il 3,5% in più rispetto all'anno precedente.
In questo senso già altri studi in passato avevano evidenziato la tenuta in termini di competitività dell'Italia, che mantiene un posizionamento rilevante nell'area dell'euro (anche più della Germania) a fronte di attori sempre più presenti (Cina su tutti), ma anche nuovi, per così dire, competitor quali Stati Uniti e Polonia.
Nel complesso lo studio ritiene che l'export, nonostante il 2016 sia da considerarsi un anno difficile, resta una delle componenti più dinamiche del Pil italiano. Non mancano fattori di rischio per il commercio internazionale (la frenata degli emergenti e in particolare i timori legati a un “hard landing” della Cina, la minore spinta delle filiere globali, un ciclo degli investimenti debole, fattori accidentali e derive protezionistiche, ognuno dei quali può sfavorire questo o quel settore), ma allo stesso tempo permangono elementi di forza dell'offerta nazionale, come l'Alimentare e Bevande la cui quota sta crescendo negli anni anche sui mercati lontani.
Del resto, tra i beni di consumo, la domanda di importazioni nel settore Alimentare è prevista crescere del 3% medio annuo nel prossimo biennio. Certo, non mancano anche in questo caso i fattori di rischio. Ad esempio quello legato ai tassi di interesse internazionali, che pure si presenta trasversale a tutti i comparti, ma che potrebbe pesare soprattutto su Alimentare oltre che su Sistema Moda, Beni intermedi e Autoveicoli.
La Coldiretti ha invece stimato una perdita di 7,5 miliardi in due anni delle esportazioni italiane in Russia (ai minimi da almeno un decennio), provocata dalla sanzioni europee e dalla risposta di Mosca con l'embargo che ha colpito in particolare i prodotti agroalimentari.