Secondo il Polimi le vendite di prodotti verso l’estero valgono sei miliardi di euro
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Si parla spesso del notevole contributo che lo sviluppo del digitale potrebbe avere sull'economia italiana (secondo Accenture una crescita aggiuntiva del Pil del 4,2% entro il 2020), soprattutto grazie a canali come l'e-commerce. Eppure, stando all'indice Desi, che calcola la digitalizzazione dell'economia e delle società, l'Italia è ancora molto indietro rispetto al resto d'Europa.
Non a caso il valore dell'export attraverso canali digitali vale ancora solo il 4% del totale, circa sei miliardi di euro. Un dato che non deve stupire, visto che solo il 10% delle nostre imprese – secondo l'Eurostat – vende online.
Stando all'Osservatorio sull'Export del Politecnico di Milano – in cui analizza il ruolo che le nuove tecnologie possono giocare nel favorire e incrementare le esportazioni delle imprese italiane – la maggior parte del fatturato derivante dall'export online è legato ai grandi portali per la vendita al dettaglio e ai marketplace in stile eBay, ma anche ai siti dedicati alla vendita privata.
In particolare la vendita considerata “indiretta”, ovvero tramite siti come Amazon.com, eBay.com o Zalando, che acquisiscono prodotti in Italia per venderli all'estero, vale circa 4,5 miliardi di euro. Quella diretta invece – ovvero quella che avviene attraverso i siti dei produttori stessi o attraverso i siti di retailer online o multi canale o mediante marketplace con domini italiani, come eBay.it – vale circa 1,5 miliardi di euro.
Analizzando i comparti del Made in Italy, il fashion risulta quello con la quota maggior sul totale dei prodotti venduti all'estero, con oltre il 65%. Seguono, a distanza, il Food ed il Design con una quota di circa il 15% a testa. I principali mercati di sbocco sono l'Europa, Stati Uniti, la Russia e Giappone, mentre ancora poche vendite online vengono fatte verso la Cina e verso il Sud America.