Il direttore Giovanni Sabatini solleva "dubbi di costituzionalità sulla tassa sugli extraprofitti" e propone che "sia deducibile da Ires e Irap"
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"Nelle banche non ci sono extraprofitti, se si penalizza il settore si avrà un effetto a cascata su tutta l'economia". Lo afferma il direttore generale dell'Abi (Associazione bancaria italiana), Giovanni Sabatini, sottolineando che "ingiustificate penalizzazioni causerebbero una minore capacità di accantonamenti prudenziali, di finanziamento alle imprese e alle famiglie e limiterebbero l'interesse degli investitori verso il settore bancario italiano. Il tutto si rifletterebbe poi sull'intera economia del Paese".
La comunicazione della decisione, "senza alcun confronto preventivo anche con l'Abi, di introdurre l'imposta straordinaria una tantum" sulle banche "ha provocato sui mercati un impatto solo parzialmente poi attenuato". Secondo Sabatini, l'introduzione dell'imposta straordinaria "ha prodotto un vulnus alla fiducia riposta sul mercato finanziario italiano".
L'Abi "respinge" inoltre il concetto di "extraprofitti" degli utili nel settore bancario, base dell'imposta straordinaria sul settore. Parlando in audizione alle commissioni del Senato il direttore ha sottolineato che l'extra-profitto "si riferisce a una situazione specifica, quella in cui un'impresa godendo di una posizione di monopolio od oligopolio può fissare il prezzo dei suoi prodotti ricavando un profitto superiore a quello determinabile in un mercato concorrenziale. Questa situazione è assente nelle banche, in forte concorrenza nell'intera area dell'euro e per quella di fintech e big tech".
L'imposta straordinaria solleva poi "dubbi di compatibilità con i precetti costituzionali", ha affermato ancora Sabatini in audizione al Senato sul Dl Asset. La Corte costituzionale "ha delineato precise direttrici per verificare la compatibilità di una imposta straordinaria con i principi sanciti nella carta, in particolare quello di uguaglianza (Art. 3) e quello di capacità contributiva (Art. 53). E ha ribadito come una misura fiscale di carattere discriminatorio, per superare il vaglio di costituzionalità, debba rispondere a criteri di adeguata ragionevolezza. L'Art. 26 del decreto-legge non sembra tener conto di tali precettive condizioni".
La nuova norma di tassazione straordinaria sulle banche "produce effetti retroattivi, in quanto si riferisce a periodi conclusi (2021 e 2022) o in corso (2023). La retroattività incide sulla certezza del diritto, in contrasto con i principi e i criteri di certezza, irretroattività, programmabilità cui si ispira la delega fiscale pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14 agosto".
L'Abi ha chiesto di "escludere dal computo dell'imposta" straordinaria sulle banche "gli effetti reddituali (margine di interesse) e patrimoniali dei titoli sovrani". L'aumento del margine di interesse su cui è calcolata la tassa "non si compone infatti soltanto del differenziale tra tassi attivi e passivi, ma anche di rendimenti da investimenti in titoli di Stato la cui remunerazione non è fissata dalle banche. Il sostegno delle banche al collocamento dei titoli del debito pubblico riveste un ruolo fondamentale".
La tassa sugli extraprofitti delle banche "dovrebbe essere deducibile a fini Ires e Irap", ha evidenziato infine Sabatini. "Se così non fosse, la norma produrrebbe un improprio aggravio impositivo a danno dei soggetti passivi". Proponendo misure "migliorative" del decreto, il direttore dell'Abi ha anche sottolineato la necessità di "escludere dal computo dell'imposta gli effetti reddituali (margine di interesse) e patrimoniali dei titoli sovrani". Analoghe riflessioni, ha aggiunto Sabatini, andrebbero fatte in termini di sterilizzazione di altre poste, "ad esempio le attività infragruppo".