Approvato un decreto legge che permette l'adesione al patto con il Fisco fino al 12 dicembre. La misura potrebbe portare un gettito aggiuntivo di 200-400 milioni di euro
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Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che riapre i termini di adesione al concordato preventivo biennale, la cui scadenza era inizialmente fissata al 31 ottobre 2024. Il decreto prevede la possibilità, presentando apposita dichiarazione dei redditi integrativa, di aderire al concordato fino al 12 dicembre 2024 per i contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro il termine del 31 ottobre 2024 e, pur avendone i requisiti, non hanno aderito.
L'adesione sarà possibile a condizione che nella dichiarazione integrativa non siano indicati un minore imponibile, un minore debito d'imposta o un maggiore credito rispetto a quelli riportati nella dichiarazione presentata entro il 31 ottobre.
Con la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale, il governo spera di ottenere nuove risorse da aggiungere agli 1,3 miliardi di euro arrivati con la prima tranche. Secondo la stima dell'Associazione Nazionale Commercialisti, che da settimane chiedeva una proroga prima della scadenza della prima tranche, la riapertura potrebbe portare un gettito aggiuntivo attorno ai 200-400 milioni di euro.
Le maglie del concordato si allargano però intanto anche su altri fronti, grazie a due emendamenti presentati dai relatori al decreto fiscale. Potranno aderire al patto con il fisco anche le società che hanno subito una modifica dell'assetto proprietario, ma che ha lasciato invariati o ha ridotto il numero di soci. Inoltre, si amplia la platea degli ammessi al ravvedimento: per "evitare penalizzazioni", vengono riammessi coloro che abbiano "dichiarato una causa di esclusione degli Isa correlata a due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale, qualora l'importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dall'indice sintetico di affidabilità fiscale relativo all'attività prevalente superi il 30% dell'ammontare totale dei ricavi dichiarati". Per queste categorie, tuttavia, non essendoci le condizioni di "oggettiva difficoltà sussistenti per i soggetti interessati da cause di esclusione Covid-19 o di non normale svolgimento dell'attività", non si applica la riduzione del 30% dell'imposta sostitutiva su Irpef e Irap da versare per il ravvedimento".