Secondo il gruppo Sace, l'Italia potrebbe incrementare l'export agroalimentare di 7 miliardi di euro entro il 2018
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Ad una manciata di giorni dalla chiusura di Expo 2015 – l'esposizione universale milanese si concluderà il 31 ottobre –, alcune imprese ed organizzazioni hanno sottoscritto il Manifesto per il made in Italy. Tra le altre cose, il documento auspica una maggiore sinergia tra le imprese attive sui mercati esteri, dove i prodotti italiani vengono spesso contraffatti.
In questo senso, quello agroalimentare italiano è uno dei settori maggiormente danneggiati. Secondo una stima della Coldiretti, divulgata in occasione di un incontro organizzato all'Expo di Milano qualche giorno fa, i cosiddetti italian sounding – ovvero tutti quei prodotti che si spacciano per italiani – costano al nostro Paese 60 miliardi di euro: circa il doppio del valore dei “veri” prodotti italiani esportati, pari a 34,3 miliardi.
Una cifra notevole che non ha impedito comunque al settore di crescere anche negli anni più difficili. Quelli della crisi economica. Complessivamente il settore agroalimentare ha reagito bene al crollo dei consumi interni: tra il 2007 e il 2014, riferisce Federalimentare, il comparto ha perso soltanto 3 punti percentuali di produzione (contro i 24 del manifatturiero) ed ha incrementato le esportazioni di 48 punti percentuali (contro i 9 dell'export totale).
Il settore agroalimentare lavora per crescere ulteriormente e magari raggiungere anche il target posto dal governo: esportare prodotti agroalimentari per un valore complessivo di 50 miliardi di euro entro il 2020.
Quello fissato dall'esecutivo è un obiettivo che l'Italia potrebbe centrare. Ne è convinto il gruppo Sace. Secondo cui, concentrandosi sui prodotti agroalimentari di punta (carni, cacao, legumi e frutta, formaggi e latticini, caffè, olio d'oliva, salsicce e salumi, pasta e vini...) e su dieci geografie particolarmente rilevanti per ognuno di essi, il nostro Paese potrebbe incrementare l'export di 7 miliardi di euro entro il 2018, arrivando a quota 40 miliardi. A dieci miliardi di distanza dal target del governo, in pratica.
Target che, una volta raggiunto, avrebbe ripercussioni positive anche sul fronte occupazionale: secondo Federalimentare, i nuovi posti di lavoro potrebbero raggiungere le 100 mila unità.