Il Rapporto della Casaleggio e associati evidenzia un cambio di strategia da parte delle imprese rispetto al 2015: sempre più aziende decidono di appoggiarsi a marketplace come eBay o Amazon
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Nonostante nel corso del 2016 i consumi interni abbiano registrato andamenti altalenanti e le esportazioni un rallentamento, il commercio elettronico ha registrato una nuova crescita a doppia cifra rispetto all’anno precedente.
Secondo le cifre contenute null’ultimo Rapporto redatto dalla Casalleggio e Associati – L’e-commerce in Italia 2017 -, nel corso dei dodici mesi scorsi il valore dell’e-commerce italiano ha raggiunto i 31,7 miliardi di euro, registrando una crescita del 10% rispetto al valore del 2015 (pari a 28,8 miliardi).
Gran parte del fatturato è stato generato dai settori legati al tempo libero e al turismo, che da soli rappresentano oltre il 70% del fatturato totale. Osservando da vicino le quote si può notare come la fetta più grande riguardi proprio il tempo libero con una percentuale del 43%, seguito appunto dal turismo con il 31%; dai centri commerciali, con il 10%; e dalle assicurazioni, con il 6%. Quote inferiori al 3% del fatturato totale giungono invece dall’elettronica, con il 2,9%, dal settore alimentare, con il 2,4%, dall’editoria, con il 2%; e dalla moda, con l’1,9%, mentre percentuali ancora più esigue sono legate a casa e arredamento (0,5%) e salute e bellezza (0,3%).
Interessante notare come lo studio della Casaleggio e Associati ci tenga a sottolineare come quasi la totalità del fatturato legato al tempo libero sia legato alle somme rigiocate nel gioco on line (il 35% del fatturato totale, contro il 3,5% dalla spesa diretta in giochi online e il 4,5% da altre voci legate al tempo libero).
Ma quanto fatturato è legato alle vendite verso i mercati esteri? Secondo l’analisi, circa il 29% del fatturato e-commerce delle aziende italiane è riconducibile ad acquisti effettuati al di fuori dei confini nazionali. Un dato in crescita rispetto al 27% registrato un anno fa.
Bisogna però fare una distinzione tra imprese italiane con sede all’estero e imprese con sede all’interno del Paese. Nel primo caso, infatti, dove le imprese italiane hanno mostrato una maggiore apertura ai mercati esteri, aprendo sedi in altri Paesi o facendo parti di multinazionali, il fatturato e-commerce estero è pari al 44% del fatturato totale. Differenze sostanziali si notano anche tra i siti italiani in multilingua e i siti solo in italiano: nel primo caso il fatturato estero da e-commerce è pari al 35% del totale, mentre nel secondo la quota scende addirittura all’8%.
Ad oggi il 35% delle imprese italiane vende solo all’interno del nostro Paese. Del restante 65% di imprese, ovvero quelle aperte maggiormente ai mercati esteri, il 4% ha sede all’estero, il 12% fa parte di multinazionali, il 12% ha un sito solo in italiano mentre il 37% è multilingua.
Altro aspetto interessante riguarda le aziende che decidono di appoggiarsi ad un marketplace (come Amazon, eBay o Alibaba) per vendere i propri prodotti. Rispetto allo scorso anno la percentuale di imprese che hanno deciso di fare questo passo è passata dal 41% al 57%.