Tra il 2008 ed il 2015 il calo più consistente del tasso di occupazione ha interessato gli italiani con un titolo di studio medio-basso, flessioni più lieve, invece, per i laureati e gli italiani con la sola licenza elementare.
Nella sua ultima rilevazione, pubblicata in occasione del lancio di una nuova area tematica dedicata al capitale umano, l’Istat fa il punto sull’evoluzione del mercato del lavoro dall’inizio della crisi economica ad oggi, più precisamente riguardo il periodo 2008-2015.
Concentrandosi soprattutto sull’andamento del tasso di occupazione per titolo di studio, l’Istituto di statistica spiega che, negli anni considerati, a registrare il calo più consistente sono stati gli italiani con un titolo di studio medio-basso, mentre flessioni di minor entità hanno interessato i laureati e gli italiani con la sola licenza elementare.
I dati indicano infatti un calo del tasso di occupazione di 7,5 punti - dal 45,9% del 2008 al 38,4% del 2015 - per i possessori di licenzia media e un calo di 6,1 punti – dal 62,8% al 56,7% - per i diplomati. Tra i laureati il tasso di disoccupazione è invece diminuito di 3,9 punti percentuali – dal 72,9% al 69% - e di 3,7 punti – dal 11,9% all’8,2% - tra i possessori di licenzia media. Nel resoconto l’Istat descrive poi due dinamiche, una allarmante e una positiva.
Quella preoccupante riguarda i Neet (Not engaged in Education, Employment or Training), ovvero i giovani che non studiano e non lavorano. Una categoria che negli anni considerati dallo studio ha registrato un aumento dell’incidenza sul totale dei 15-29enni, passando dal 19,3% del 2008 (15,6% tra i maschi della stessa fascia di età e 23% tra le femmine) al 25,7% dello scorso anno (24,2% tra i maschi della stessa fascia di età e 27,1% tra le femmine).
Un dato, quello del 2015, che pone l’Italia in testa alla classifica Europea per la più alta incidenza di Neet. La dinamica positiva riguarda invece l’incidenza dei laureati sul totale dei giovani 30-34enni, passata dal 14,9% del 2008 al 20% del 2015 per i maschi e dal 23,5% al 30,8% per le femmine. Nota positiva anche per quanto riguarda l’abbandono scolastico, che per i 18-24enni maschi diminuisce dal 22,7% al 18% e dal 17% al 12% per le femmine.