Secondo la Commissione europea, l'Italia rientra nel gruppo degli "innovatori moderati", definiti tali in quanto le loro performance sono comprese tra il 50 e il 90% della media europea
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Annualmente la Commissione europea diffonde diverse analisi. L'European Innovation Scoreboard è tra queste e la sua importanza è notevole.
L'European Innovation Scoreboard è un indicatore importante per diversi motivi. Sia perché permette di quantificare il livello di innovazione di un’economia, attraverso l’analisi del rendimento di 27 diversi indicatori – come, ad esempio, le risorse umane (la popolazione laureata…), l’attrattività del sistema della ricerca nazionale (il numero di pubblicazioni scientifiche internazionali…), il livello degli investimenti in Ricerca&Sviluppo…– sia perché consente anche un’analisi comparativa tra le diverse performance.
Tra i Paesi leader dell’innovazione a livello europeo – l’elenco comprende Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia, Germania, Belgio, Regno Unito e Irlanda – non compare l’Italia: lo studio assegna al nostro Paese un punteggio (75,1) molto distante dalla media europea (102).
C’è un’aggravante, inoltre. Rispetto al 2010, non siamo migliorati affatto: la performance italiana è calata dello 0,2%. L’Italia rientra così nel gruppo degli “innovatori moderati”, definiti tali in quanto le loro performance sono comprese tra il 50 e il 90% della media europea (ne fanno parte, tra gli altri, anche Croazia, Spagna, Repubblica Ceca, Ungheria e Grecia).
Tutto ciò mentre l’Europa ha registrato dei miglioramenti complessivi: in un confronto globale, Bruxelles osserva che l’Unione europea ha recuperato terreno verso il Canada e gli Stati Uniti mentre la Corea del Sud e il Giappone restano ancora lontani.
In alcuni ambiti (dal punto di vista dell’attrattività del sistema della ricerca nazionale, degli innovatori e del patrimonio intellettuale) le prestazioni dell’Italia sono buone, mentre in altri ambiti (in termini di connessioni, di mercato finanziario, di supporto all’imprenditorialità e di investimenti aziendali) va peggio.
La Commissione europea ha diffuso anche un altro report – Europe’s Digital Progress Report –, altrettanto importante perché misura un altro aspetto dell’innovazione: il progresso digitale dei Paesi dell’Unione europea. Tra i tanti dati contenuti nel dossier, uno è particolarmente rilevante: nel 2016, il 37% della forza lavoro UE (data dalla somma degli occupati e dei disoccupati) possedeva un livello insufficiente di competenze digitali.
L’Italia è tra i Paesi nelle condizioni più difficili, con quasi il 70% della forza lavoro con competenze digitali basse o addirittura inesistenti. Il dato è preoccupante. Specialmente considerano la crescente importanza delle competenze digitali nel mondo del lavoro.
Secondo l’Osservatorio delle Competenze Digitali – l’analisi è stata condotta dalle associazioni Ict Aica, Assinform, Assintel e Assinter Italia –, nel triennio 2016-2018 potrebbero essere creati 85mila nuovi posti di lavoro che richiedono specializzazione in ICT, acronimo inglese che sta per Information and Communications Technology.