Germania e Francia si confermano ancora una volta come i due principali Paesi di sbocco delle merci italiane a cui si affiancano, al terzo posto, gli Stati Uniti.
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Nel corso del 2016 il commercio mondiale di beni ha registrato, a prezzi correnti, una diminuzione del 3,2%, riflettendo il calo del 4,7% che ha interessato i valori medi unitari e l’aumento pari all’1,3% dei volumi scambiati. In crescita, invece, il valore dell’interscambio mondiale di servizi, per il quale si registra un +0,4%.
Sono alcuni dei numeri illustrati nel Rapporto Istat-Ice 2017, dal quale emerge che, tutto sommato, in un quadro internazionale poco favorevole agli scambi (basti pensare alle varie misure protezionistiche o a fattori come le sanzioni alla Russia o al cambio di politica economica avviato dalla Cina), l’economia italiana sta gradualmente riacquisendo la sua apertura estera. Nel 2016, infatti, il nostro Paese ha registrato un nuovo aumento del surplus commerciale, legato da un lato alla flessione dei prezzi delle materie prime e al calo delle importazioni (-1,3%) causato dalla stagnazione della domanda interna, dall’altro ad un nuovo aumento delle esportazioni (+1,2%). Il surplus commerciale, salendo di 9,7 miliardi rispetto al 2015, è arrivato a toccare i 51,5 miliardi di euro, la cifra più elevata del decennio 2007-2016 (77,9 miliardi se calcolato al netto dei beni energetici).
In aumento anche la quota dell’Italia sulla esportazioni mondiali, soprattutto in Asia centrale, dove si passa dall’1,12% all’1,25% e in America settentrionale, dall’1,75% all’1,84%. Germania e Francia si confermano ancora una volta come i due principali Paesi di sbocco delle merci italiane, rispettivamente si parla del 12,6% e del 10,5%, a cui si affiancano, al terzo posto, gli Stati Uniti con una quota dell’8,9%. Seguono Regno Unito e Spagna con rispettivamente quote del 5,4% e del 5%.
Analizzando l’andamento dei principali raggruppamenti di industrie si può notare come il saldo commerciale sia aumentato per i beni intermedi (+4 miliardi) e per quelli di consumo non durevoli (+3 miliardi), mentre quello di beni strumentali (-4,1 miliardi), beni di consumo durevoli (-0,9 miliardi) e prodotti emergenti (-26,4 miliardi) riportano una flessione.
Osservando le quote, la maggior parte delle esportazioni italiane del 2016 hanno riguardato i beni strumentali, con una quota pari al 34,2% del totale dell’export, a seguire troviamo i beni di consumo con un 32,2% (6% quelli durevoli e 26,2% quelli non durevoli), quelli intermedi, con il 31,1% e, infine, l’energia con il 2,5%.