Cresce anche la sfiducia: solo il 31% pensa che la situazione economica dell’Italia migliorerà nei prossimi 12 mesi e appena l’11% si attende un miglioramento della situazione personale
Il Rapporto sulla qualità dello sviluppo in Italia, condotto dall'istituto di ricerca Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio, sottolinea che, nonostante il contesto internazionale favorevole, l'economia italiana cresce ad un ritmo modesto, con la ricchezza che tende a concentrarsi sempre di più nelle fasce di popolazione ad alto reddito.
Secondo il rapporto, nell'ultimo anno l'indice generale sulla qualità dello sviluppo – l'analisi considera diversi indicatori (quali standard abitativi, condizioni di salute degli individui, fiducia economica, e altri) – è sceso da 100 a 99.
A peggiorare è la situazione in alcune aree – nel Nord-ovest l'indice è passato da 110 a 109, in calo così come nel Nord-est (da 115 a 113) e nel Centro (da 103 a 102) –, mentre il Mezzogiorno continua a essere in grave ritardo rispetto al resto Paese: al sud e alle isole l'indice generale si ferma ad 85, invariato rispetto all'anno precedente.
L'indagine rileva un aumento delle disuguaglianze economiche – particolarmente difficile è la situazione del Mezzogiorno –, con la ricchezza che tende a concentrarsi nelle fasce di popolazioni ad alto reddito. Il ceto medio è diventato più fragile rispetto al passato, sono aumentati i poveri e (soprattutto) i quasi-poveri.
Fattori di incertezza – in particolare il lavoro, percepito come più instabile, perché più discontinuo e precario: il 24% degli italiani pensa che l'occupazione crescerà (erano il 31% nel 2015) – contribuiscono a peggiorare la situazione.
Nel complesso, osserva la ricerca, è più difficile migliorare le proprie condizioni economiche, sociali e professionali.
Tutto ciò si riflette in un sentimento di diffuso pessimismo sul futuro del Paese e in un peggioramento della fiducia economica, senza la quale le persone hanno difficoltà a fare progetti di vita, con ripercussioni inevitabilmente negative anche sui consumi e gli investimenti, che tendono a comprimersi o a dilatarsi in attesa di tempi più favorevoli.
Ma la situazione non dovrebbe migliorare da qui a breve, almeno secondo il giudizio degli italiani: ad oggi, soltanto il 31% pensa che la situazione economica dell'Italia migliorerà nei prossimi 12 mesi (era il 44% nel 2015) e se si guarda alla situazione personale appena l'11% si attende un miglioramento (lo scorso anno, era il 13%).
Peggiorano gli standard abitativi, ma aumentano i beni posseduti dalle famiglie: sono cresciuti i nuclei familiari che possiedono la lavatrice (dal 97% del 2015 al 98% del 2016), la lavastoviglie (dal 47 al 50%), il climatizzatore (dal 37 al 38%), il personal computer (dal 64 al 65%) e quelli che possiedono un'automobile (da 78 a 79%) o più di una (dal 30 al 31%). L'indice è passato da 100 a 104 punti, in crescita in tutte le aree del Paese.
In generale, rileva l'indagine, poco più della metà degli italiani è soddisfatta della propria situazione economica.
Il rapporto analizza anche il tessuto imprenditoriale italiano, sottolineando l'aumento del numero delle imprese rispetto al 2015, gli (ancora) bassi investimenti in ricerca e sviluppo e la scarsa propensione all'innovazione.
Elementi che, uniti alla diminuzione della percezione di stabilità del posto di lavoro, al calo della redditività media delle imprese e del valore aggiunto al costo dei fattori, ci restituiscono un sistema economico che migliora leggermente le sue dotazioni quantitative e le sue performance, ma non rallenta il deterioramento qualitativo del sistema nel suo complesso.
Un deterioramento che si rispecchia anche nel peggioramento complessivo della qualità del lavoro. L'indice generale sale da 100 a 101, con il Nord-est al primo posto a 126 punti (era 124), seguito dal Nord-ovest stabile a 114 punti, dal Centro con 108 punti (106) e in ultima posizione il Mezzogiorno con 74 (73 nel 2015).