Il nostro Paese è il quarto al mondo per presenze femminili nei Cda aziendali dopo Norvegia, Francia e Svezia
Non sempre quando si affianca il tema del lavoro alle donne si hanno notizie confortanti. Ne è un esempio l’ultimo resoconto dell’Istat, in cui l’Istituto indica, per luglio, una flessione degli occupati più marcata per le donne che per gli uomini (+0,5% contro un -0,1%) e un aumento più consistente delle donne inattive, ovvero che non rientrano nel mercato del lavoro, non essendo né occupate né in cerca di occupazione (+0,6% contro una variazione nulla).
Un tema, quello dell’inattività, affrontato anche dall’Eurostat. Un recente report ha dimostrato, infatti, come nel 2015 sia stata inattiva quasi una donna su due, con un tasso dell’inattività femminile pari al 45,9%. Non solo, registrando il campo alle donne di età compresa tra i 25 ed i 54 anni il tasso di inattività risulta il secondo più elevato d’Europa: 34,1% contro il 34,2% di Malta e l’11,6% della Svezia.
Ma una buona notizia c’è. Stando all’ultimo studio della Credit Suisse l’Italia è al quarto posto nel mondo per la presenza di donne nei Cda aziendali. Un risultato incoraggiante visto che, secondo le analisi, le aziende con elevate presenze femminili “ai piani alti” portano a casa risultati migliori.
Ad esempio: le aziende con una presenza nelle posizioni di rilievo pari al 25% possono vantare un tasso annuo di crescita composto (il CAGR o Compound Annual Growth Rate) superiore del 2,8% rispetto alla media.
Un incremento che sale al 4,7% nelle aziende con una presenza femminile ai vertici del 33% e al 10,3% in quelle con una quota superiore al 50%. Di per sé, secondo il rapporto Women in workplace della McKinsey, la presenza delle donne in posizioni aziendali di rilievo garantirebbe un profitto del 15% superiore alla media nazionale del settore. Nel 2015 i Paesi con la più alta presenza femminile erano tutti europei, con in testa la Norvegia (46,7%), seguita da Francia con il 34%, Svezia con il 33,6% e Italia con il 30,8%.