Sempre meno dichiarano il fallimento, ma l'aumento degli imprenditori che decidono di liquidare la propria attività è un segnale di cui dover tenere conto
Il tessuto imprenditoriale italiano sta tornando verso una situazione di normalità. I dati sui fallimenti registrati dall'inizio del 2016 ad oggi – in calo, anche se ancora al di sopra dei livelli precedenti alla crisi economica – sono lì a dimostrarlo.
Tuttavia occorre non sottovalutare l'incremento delle liquidazioni registrato nello stesso periodo. L'aumento delle liquidazioni, infatti, testimonia un peggioramento delle aspettative di profitto degli imprenditori. Tra gennaio e settembre sono fallite 10mila imprese. Un dato in calo rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente – nei primi nove mesi del 2015 fallirono il 6% in più di imprese –, ma comunque superiore di circa il doppio rispetto al 2008.
La diminuzione dei fallimenti registrata dall'inizio del 2016 ha riguardato tutte le tipologie di impresa e coinvolto tutti i settori dell'economia, anche se i diversi comparti presentano qualche differenza. Il Cerved sottolinea che il calo più evidente è stato rilevato nelle costruzioni (2.100 imprese fallite, -8,5% su base annua) e nei servizi (5.300 fallimenti nei primi nove mesi, in diminuzione del 6,5% rispetto allo stesso periodo del 2015).
Mentre nell'industria il calo dei fallimenti prosegue ad un ritmo meno sostenuto: tra gennaio e settembre sono fallite 1.600 imprese (-1,1% rispetto al 2015). A diminuire sono state anche le insolvenze non fallimentari (sono state 1.300 nei primi nove mesi del 2016, il 32% in meno rispetto allo scorso anno e livello più basso dal 2009) ma non le liquidazioni di imprese in bonis: secondo le stime di Cerved sono oltre 14 mila le procedure avviate nel corso del terzo trimestre 2016 (+17% rispetto allo stesso periodo del 2015) che, sommandosi a quelle registrate dall'inizio dell'anno, raggiungono quota 44mila (+5,9% su base annua).
Cosa significa quest'ultimo dato? Il Cerved spiega che gli imprenditori decidono di liquidare le proprie aziende quando ritengono che il flusso dei profitti attesi non è sufficiente a mantenere in vita l'impresa stessa. Quindi l'incremento delle procedure non indica un aggravarsi della condizione economico-finanziaria delle imprese, ma testimonia un peggioramento delle aspettative di profitto da parte degli imprenditori, con possibili effetti negativi anche sugli investimenti e sulla crescita economica futura.